Tarsu ed alberghi . Sempre più consolidato l’orientamento che in materia di TARSU diversifica le superfici in funzione dell’utilizzo

Di seguito lo "Sportello dei Diritti" porta in evidenza l’interessante articolo degli avvocati tributaristi Maurizio Villani e Paola Rizzelli che fanno il punto sull’orientamento in materia di Tarsu alberghi ed equiparati, giacché le amministrazioni locali rileva Giovanni D’Agata presidente dello "Sportello dei Diritti", hanno troppo spesso disatteso le normative vigenti creando non poco scompiglio tra gli operatori del settore, cui sovente sono giunte attraverso cartelle esattoriali richieste di pagamento per il tributo in questione che hanno messo in ginocchio le attività nel momento di crisi che tutti conosciamo. Per tali ragioni, la sintesi offerta dai due tributaristi, può essere un utile vademecum non solo per gli albergatori, ma anche per le amministrazioni comunali per evitare il reiterarsi di comportamenti illegittimi.

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La Commissione tributaria provinciale di Lecce, con la sentenza n. 329/02/13 dello 08.10.13, a pochi mesi di distanza dall'altrettanto recente sentenza emessa dalla medesima sezione in materia (la n. 227/02/13 del 9 luglio 2013), è tornata a pronunciarsi sulla questione inerente alla illegittimità della TARSU riscossa in violazione dell'art. 68 D. Lgs. 507/93, in considerazione del fatto che, anche per i campeggi così come per gli alberghi, il Comune di Gallipoli avrebbe dovuto applicare alle superfici destinate ad unità abitative la medesima tariffa prevista per le civili abitazioni.

La questione sottoposta al vaglio dei Giudici salentini è stata ancora una volta quella della illegittimità di una cartella di pagamento emessa in violazione dell'art. 68 del D.Lgs. n. 507/97, posto che anche per i campeggi il Comune di Gallipoli avrebbe dovuto applicare la medesima tariffa prevista per le civili abitazioni, limitatamente alle superfici destinate alle unità abitative, con conseguente disapplicazione del regolamento comunale e della relativa delibera.
Innanzitutto, per meglio chiarire i termini della questione, è opportuno partire dall'art. 62 del D. Lgs. 507 del 1993 che ha stabilito i presupposti applicativi del tributo in oggetto, individuandoli nella semplice occupazione o detenzione "di locali ed aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale in cui il servizio è istituito ed attivato o comunque reso in via continuativa".
Il successivo art. 68 del D. Lgs. N. 507 cit., invece, ne ha disciplinato la regolamentazione da parte dei Comuni, così disponendo: "Per l'applicazione della tassa i comuni sono tenuti ad adottare apposito regolamento che deve contenere:
a) la classificazione delle categorie ed eventuali sottocategorie di locali ed aree con omogenea potenzialità di rifiuti e tassabili con la medesima misura tariffaria;
b) le modalità di applicazione dei parametri di cui all' art. 65 ;
c) la graduazione delle tariffe ridotte per particolari condizioni di uso di cui all' art. 66, commi 3 e 4;
d) la individuazione delle fattispecie agevolative, delle relative condizioni e modalità di richiesta documentata e delle cause di decadenza.
L'articolazione delle categorie e delle eventuali sottocategorie è effettuata, ai fini della determinazione comparativa delle tariffe, tenendo conto, in via di massima, dei seguenti gruppi di attività o di utilizzazione:
a) locali ed aree adibiti a musei, archivi, biblioteche, ad attività di istituzioni culturali, politiche e religiose, sale teatrali e cinematografiche, scuole pubbliche e private, palestre, autonomi depositi di stoccaggio e depositi di macchine e materiale militari;
b) complessi commerciali all'ingrosso o con superfici espositive, nonché aree ricreativo- turistiche, quali campeggi, stabilimenti balneari, ed analoghi complessi attrezzati;
c) locali ed aree ad uso abitativo per nuclei familiari, collettività e convivenze, esercizi alberghieri;
d) locali adibiti ad attività terziarie e direzionali diverse da quelle di cui alle lettere b), e) ed f), circoli sportivi e ricreativi;
e) locali ed aree ad uso di produzione artigianale o industriale, o di commercio al dettaglio di beni non deperibili, ferma restando l'intassabilità delle superfici di lavorazione industriale e di quelle produttive di rifiuti non dichiarati assimilabili agli urbani;
f) locali ed aree adibite a pubblici esercizi o esercizi di vendita al dettaglio di beni alimentari o deperibili, ferma restando l'intassabilità delle superfici produttive di rifiuti non dichiarati assimilabili agli urbani.
I regolamenti, divenuti esecutivi a norma di legge, sono trasmessi entro trenta giorni alla direzione centrale per la fiscalità locale del Ministero delle finanze che formula eventuali rilievi di legittimità entro sei mesi dalla ricezione del provvedimento. In caso di rilievi formulati tardivamente il comune non è obbligato ad adeguarsi agli effetti dei rimborsi e degli accertamenti integrativi.".
Infine, ai sensi e per gli effetti del successivo art. 69, c. 2, del D. Lgs. N. 507/93, "Ai fini del controllo di legittimità, la deliberazione deve indicare le ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe, i dati consuntivi e previsionali relativi ai costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica, nonché i dati e le circostanze che hanno determinato l'aumento per la copertura minima obbligatoria del costo ovvero gli aumenti di cui al comma 3.".
Orbene, dal suddetto quadro normativo, si evince in maniera inequivocabile che i Comuni, per l'applicazione della tassa, devono adottare apposito regolamento che, a sua volta, deve contenere la classificazione delle categorie ed eventuali sottocategorie di locali ed aree con omogenee potenzialità di produrre rifiuti tassabili, applicando a queste la stessa tariffa.
Difatti, solo una motivazione rispettosa del dettato normativo di cui all'art. 69 cit., potrebbe giustificare una tariffa differente per le aree con omogenea potenzialità di produrre rifiuti.
Sul punto, peraltro, è anche intervenuta la Suprema Corte (Cass., del 04 agosto 2005, nn. 16427, 16428, 16429), statuendo che "Anche il II motivo si manifesta infondato, atteso che in alcun modo la C.T.R., nel legittimo esercizio del menzionato potere di disapplicazione, si è sostituita alla P.A. nelle valutazioni di merito, avendo, invece, solo preso atto della riscontrata illegittimità delle delibere perché non rispondenti alle prescrizioni normative di cui all'art. 69 comma 2 D.L.vo 507/93; ed in particolare, perché carenti di qualsiasi indicazione in ordine alle "ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe" e ai "dati relativi ai costi del servizio"." e con ciò riconoscendo in capo al giudice tributario il potere di disapplicare le delibere comunali, in materia di tariffe TARSU, ai sensi dell'articolo 7 D. Lgs. n. 546/1992.
Pertanto, facendo corretta applicazione dell'enunciata disciplina normativa e dei suddetti principi giurisprudenziali, la Ctp di Lecce, con sent. dello 08.10.13, n. 329, ha, quindi, ritenuto legittima la tassazione delle aree non destinate ad uso abitativo, disponendo, invece, la riliquidazione della TARSU per tutte quelle superfici del campeggio destinate all'effettiva occupazione di strutture abitative.
In questo modo, il Collegio salentino ha dato continuità a quel filone della giurisprudenza di merito che ormai si sta sempre più consolidando (Ctp Lecce nn. 612-614/2008 del 18.11.2008, 629/02/10 del 03.11.2010, 294-295 /02/11 del 10.05.2011.; 536/02/11 del 12.07.2011 del 09.07.13, n. 227/02/13; CTR Puglia - Sez. Staccata di Lecce - nn. 71, 72 e 73 del 04.06.2012), secondo il quale è irragionevole ritenere che un nucleo familiare in vacanza produca maggiori rifiuti di quelli prodotti ordinariamente nella propria abitazione e secondo il quale è "illegittimo per violazione di legge ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione il provvedimento con cui è stata determinata la tariffa per il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, nel caso in cui dal provvedimento medesimo non sia ricavabile alcun elemento idoneo a ricostruire i presupposti di fatto e di diritto in ordine all'aumento della tariffa. Infatti, pur avendo il provvedimento natura di atto generale, si deve ritenere che nei confronti dello stesso non sia applicabile la disciplina prevista dall'art. 13 l. n. 241/1990, bensì, per il suo carattere di specialità e maggiore garanzia procedimentale, la disciplina prevista dall'art. 69, comma 2, d.lgs. n. 507/1993, secondo cui l'Amministrazione, quando determina le tariffe, deve dar conto delle ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe, nonché dei dati e delle circostanze che hanno determinato l'aumento per la copertura minima obbligatoria del costo; tale disposizione comporta l'obbligo per l'Amministrazione di motivare analiticamente le scelte espresse nella relativa deliberazione" (T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 1° ottobre 2009, n. 1550; in questa stessa direzione cfr., anche, Cons. Stato, sez. V, 11 agosto 2010, n. 5616; T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 19 febbraio 2009, n. 127; T.A.R. Sardegna, sez. II, 11 marzo 2008, n. 411)" (TAR Puglia, del 24 ottobre 2013, n. 2184).
Né, infine, ad una diversa conclusione può indurre l'altrettanto consolidato principio giurisprudenziale della Suprema Corte di Cassazione, secondo il quale "la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce infatti un dato di comune esperienza", in quanto se tale principio è stato enunciato a fronte della richiesta di equiparazione totale tra alberghi e civili abitazioni, manca, invece, una specifica statuizione della stessa in merito alla prospettata diversificazione delle aree a seconda della loro destinazione e sull'omessa motivazione della negazione di tale diversificazione laddove per l'appunto il Comune decida di agire diversamente.

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