Siriana abortì a Domodossola: tre gendarmi di confine svizzeri condannati.

Secondo il giudice hanno mancato di coraggio civile perché avrebbero dovuto chiamare un'ambulanza, anche contro la volontà del loro superiore. Il loro dovere era quello di chiamare un'ambulanza. La donna, allora 22enne e al settimo mese di gravidanza, era stata intercettata alla frontiera franco-svizzera mentre cercava di raggiungere la Francia dall'Italia con altri 36 profughi

Siriana abortì a Domodossola: tre gendarmi di confine svizzeri condannati.

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La giustizia militare svizzera ha condannato tre guardie di confine in relazione all'aborto spontaneo di una donna siriana durante in rinvio in Italia, nell'estate del 2014. Secondo i giudici i tre avrebbero dovuto mostrare coraggio civile: sarebbe stato loro dovere chiamare un'ambulanza, anche contro la volontà del loro superiore. Tre decreti di accusa sono stati emessi dalla giustizia militare, ha confermato oggi un portavoce alla stampa nazionale, confermando una notizia pubblicata dalla SonntagsZeitung. Secondo il domenicale i tre sono stati condannati in febbraio e marzo a 30 aliquote giornaliere da 100 a 200 franchi (da 3000 a 6000 franchi) ciascuno. Il capo delle tre guardie di frontiera, un sergente maggiore, era già stato condannato nel 2018. In appello, la pena detentiva per lesioni colpose e ripetuta inosservanza di prescrizioni di servizio era stata ridotta a 150 aliquote giornaliere di 150 franchi con la condizionale. La donna, allora 22enne e al settimo mese di gravidanza, era stata intercettata alla frontiera franco-svizzera mentre cercava di raggiungere la Francia dall'Italia con altri 36 profughi. I doganieri francesi li consegnarono alle guardie di confine svizzere per il rinvio in Italia, lo Stato dello Spazio Dublino, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, dove i migranti avevano inoltrato la prima richiesta d'asilo. I migranti furono dapprima portati in bus a Briga, dove arrivarono poco prima delle 14.30. Da lì avrebbero dovuto proseguire in treno fino a Domodossola. A causa della forte affluenza di passeggeri il viaggio fu posticipato. I profughi vennero temporaneamente ospitati nei locali di controllo delle guardie di confine di Briga. Poco dopo l'arrivo in Vallese la donna iniziò ad avere dolori e sanguinamenti, che descrisse come doglie. Il marito sostiene di avere avvisato le guardie di confine e di avere ripetutamente chiesto di chiamare un medico, ma senza successo. A Domodossola la siriana ebbe un collasso. Le guardie di frontiera italiane chiamarono subito i soccorsi, ma una volta portata in ospedale, la donna ebbe l'aborto spontaneo.

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