Protesi mammarie ritirate in Francia per rischio tumore

Un misura precauzionale indetta dall'agenzia sanitaria francese a causa del rischio dell'insorgenza del linfoma anaplastico

Protesi mammarie ritirate in Francia per rischio tumore

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L'agenzia sanitaria francese per la sicurezza dei prodotti medici (Ansm) ha reso noto sul proprio sito, «come misura precauzionale», il ritiro dal mercato un tipo di impianto di protesi mammarie macrotesturizzate e degli impianti mammari con superficie ricoperta da poliuritene, per il rischio connesso con l'insorgenza di una rara forma tumorale, il linfoma anaplastico. La misura che entrerà in vigore domani, prevede il divieto di immissione di tali protesi sul mercato, il divieto di distribuzione ed utilizzo ed il ritiro delle protesi presenti. L'agenzia non raccomanda però l'espianto preventivo per le donne portatrici di tali protesi. Nel 2017 il numero di donne portatrici di questo tipo di impianti mammari in Francia è stimato in 400 mila. Dal 2011, afferma l'agenzia, sono stati dichiarati in Francia 59 casi di ALCL associati a tali impianti mammari. L'Ansm rinnova inoltre la raccomandazione di utilizzare preferibilmente impianti mammari di tipo liscio in chirurgia estetica o ricostruttiva. La misura precauzionale, spiega l'agenzia, è stata decisa per «ridurre l'esposizione delle donne al rischio di Linfoma Anaplastico a Grandi Cellule (ALCL), che resta un rischio raro ma grave». L'Ansm ha anche attivato un numero verde e le donne portatrici di questi impianti sono invitate a consultare il medico in caso di dubbi o problemi. Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, sottolinea che nel lontano 1° gennaio 2012, fu il primo in Italia a lanciare l’allarme per il rischio tumori causato da alcune protesi, evidenziando fondate preoccupazioni sul ‘‘probabile uso per scopi di chirurgia estetica specie in strutture non altamente qualificate o ambulatori chirurgici che non rilasciavano cartelle cliniche, oltre l’assenza del registro nazionale degli interventi. Preoccupazioni che nonostante fossero state rese note anche alle Istituzioni sanitarie nazionali, erano rimaste lettera morta. Oggi non possiamo che esprimere sconcerto per il ritardo con cui anche il nostro ministero della Salute, seppur preventivamente e tempestivamente avvisato, sia giunto alla conclusione che debbano essere svolte indagini approfondite che noi per primi avevamo sollecitato. Ci auguriamo quindi, che questa inerzia non sarà foriera di pregiudizi verso tutti coloro che hanno utilizzato protesi potenzialmente letali.

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