Privacy: la denuncia "individuale" contro Facebook è considerata ammissibile in Austria. Il social dovrà rispondere in tribunale

Max Schrems

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Dopo Lussemburgo ed Irlanda, oggi anche l'Austria ritiene ammissibile la denuncia contro Facebook. La Corte d'appello austriaca mercoledì ha dichiarato ammissibile "su base individuale" la denuncia del giurista austriaco Max Schrems contro il social network Facebook, aprendo la strada ad un processo civile sull'uso dei dati personali. La Corte d'appello di Vienna contraddice la sentenza di un tribunale di primo grado, che aveva considerato la denuncia irricevibile nella sostanza ed è stato dichiarato di essere incompetente sull'ammissibilità del ricorso collettivo. Lo studente di legge viennese vuole difendere i dati personali degli europei dai giganti del web come Facebook dall'occhio della National Security Agency. Ma sin dal 2011, e fino a due settimane fa, il suo è sempre stato un percorso a ostacoli. L'Authority per la privacy d'Irlanda si era rifiutata di aprire un'indagine sul trasferimento dei dati verso gli Usa, nonostante le rivelazioni di Edward Snowden sul programma di sorveglianza Prism. Intanto Schrems nella sua Austria: nel 2014 è riuscito a imbastire la più grande class action europea contro Facebook, raccogliendo sotto l'unica bandiera della privacy ben 25mila ricorrenti. Ma la sua corsa è stata piena di frenate e di stop. Nella sua sentenza nel mese di luglio, il Tribunale di primo grado ha trovato che la denuncia era irricevibile perché il denunciante aveva fatto un uso "professionale" del suo account di Facebook e quindi potrebbe non essere considerato un "utente". Per questo motivo è stato respinto il ricorso. E se alla giustizia austriaca Schrems si rivolge contro l'utilizzo dei dati personali a scopo di profitto, in Irlanda torna in campo la battaglia contro la sorveglianza. La Corte di giustizia dell'Ue con la sentenza del 6 ottobre ha conferito alle authority degli Stati membri il potere di valutare se i dati dei cittadini sono in mani sicure. E allora l'Alta Corte d'Irlanda, sottolinea Giovanni D'Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, ieri ha ordinato che l'autorità per la protezione dei dati personali irlandese faccia il suo dovere. 

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