"Peggio del Covid": l'Istituto Pasteur avverte del rischio di una pandemia di influenza aviaria

La popolazione non ha immunità nel caso in cui l'influenza aviaria acquisisca la capacità di diffondersi tra gli esseri umani

"Peggio del Covid": l'Istituto Pasteur avverte del rischio di una pandemia di influenza aviaria

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L'influenza aviaria potrebbe causare una pandemia peggiore del Covid se mutasse per essere trasmessa tra esseri umani, avverte l'Istituto Pasteur francese, nel contesto di una nuova epidemia tra uccelli selvatici e allevamenti di pollame. L'influenza aviaria, e in particolare il ceppo H5N1, ha ucciso centinaia di milioni di uccelli dal 2021. Nel 2024, si è diffusa tra le mucche da latte negli Stati Uniti, dove un piccolo numero di lavoratori è stato infettato e si è registrato un decesso. Si tratta di un residente della contea di Grays Harbor (Washington) che è risultato il primo caso umano noto di influenza aviaria H5N5, un ceppo mai identificato prima nell’uomo. Il paziente è purtroppo deceduto. Nel suo ultimo rapporto sull'influenza aviaria, l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha affermato che dal 2003 sono stati segnalati quasi 1.000 casi umani di qualsiasi ceppo, principalmente in Egitto, Indonesia e Vietnam, di cui il 48% mortale. "Ciò che temiamo è la possibilità che il virus si adatti ai mammiferi, in particolare agli esseri umani. Se acquisisse la capacità di trasmettersi da uomo a uomo, il virus diventerebbe pandemico", ha dichiarato a Reuters Marie-Anne Ramey-Welty, direttrice medica del Centro per le infezioni respiratorie dell'Istituto Pasteur. Anche il Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie aveva lanciato l'allarme a gennaio sul rischio di una nuova pandemia. L'Istituto Pasteur è stato il primo a isolare il virus HIV nel 1983. È stato anche uno dei primi laboratori europei a sviluppare un test di rilevamento per il Covid-19. I protocolli sviluppati all'inizio della pandemia sono stati successivamente implementati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e da altri laboratori in tutto il mondo. Quasi tutte le persone sono portatrici di anticorpi contro l'influenza stagionale H1 e H3, ma non contro l'influenza aviaria H5, ha osservato Ramey-Welty. E, a differenza del Covid-19, che minaccia maggiormente gli anziani e altri gruppi vulnerabili, l'influenza può portare alla morte anche nelle persone sane, compresi i bambini. "Una pandemia di influenza aviaria sarebbe probabilmente molto grave, potenzialmente più grave della pandemia che abbiamo attraversato", ha avvertito Ramey-Welty. Finora, tuttavia, quasi tutti i casi umani hanno coinvolto pazienti entrati in contatto con uccelli malati. L'OMS continua a ritenere basso il rischio di una pandemia. Lo stesso ha affermato anche Gregorio Torres, responsabile del Dipartimento Scientifico dell'Organizzazione Mondiale per la Salute Animale. "Dobbiamo essere preparati a una risposta tempestiva. Per ora, però, possiamo camminare spensierati nei boschi, mangiare pollo e uova e goderci la vita. Una pandemia è possibile. Ma la probabilità rimane molto bassa", ha detto a Reuters. Ramey-Welti ha riconosciuto che, anche nel caso di trasmissione da uomo a uomo, il mondo oggi è meglio preparato rispetto a quando è emerso il Covid. "L'aspetto positivo dell'influenza aviaria, rispetto al Covid, è che stiamo implementando misure preventive specifiche. Abbiamo già dei vaccini candidati pronti e sappiamo come produrne uno rapidamente", ha affermato. "Abbiamo anche scorte di specifici farmaci antivirali che, in teoria, sarebbero efficaci contro l'influenza aviaria." La scorsa primavera, la Commissione europea ha ordinato quasi 700.000 dosi del vaccino "pro-pandemia" dell'azienda britannica CSL Seqirus, con un'opzione per l'acquisto di altre 40 milioni di dosi. I vaccini sono destinati a gruppi ad alto rischio, come lavoratori agricoli, veterinari e tecnici di laboratorio diagnostico. Tuttavia come sopra riportato, le autorità sanitarie dello Stato di Washington pochi giorni fa, hanno confermato il primo caso umano di influenza aviaria H5N5, un sottotipo mai rilevato prima negli esseri umani. Una notizia importante dal punto di vista scientifico, ma che, assicurano gli esperti, non cambia il livello di rischio per la popolazione, che resta molto basso. Come riportano i media, il paziente era un residente della contea di Grays Harbor, nello Stato di Washington, negli Stati Uniti. Si trattava di un anziano con patologie pregresse che a inizio novembre è stato ricoverato in gravi condizioni per febbre alta, confusione e difficoltà respiratorie e purtroppo alla fine è deceduto. Secondo le autorità sanitarie, l’uomo viveva in una casa dove teneva un piccolo allevamento familiare di pollame domestico esposto ad uccelli selvatici, probabile via di trasmissione del virus. Due dei volatili erano morti nelle settimane precedenti, mentre gli altri risultano al momento sani. Il Dipartimento della Salute aveva inizialmente segnalato un’influenza A H5, ma gli ulteriori test condotti dal laboratorio di virologia dell’Università di Washington hanno identificato il virus come H5N5, già noto negli animali ma mai confermato prima negli esseri umani. Non si tratta di un nuovo virus né di un “super ceppo”, , rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ma del primo caso umano documentato di un virus già circolante in natura. Il rischio per la popolazione resta basso.

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