Mobbing: datore e capi risarciscono il dipendente se abusano delle funzioni.

Il bello è che a pagarlo, oltre all’azienda, sono anche il diretto superiore, responsabile della condotta persecutoria e il coordinatore di zona, che la tollera. È una storia di mobbing accaduta a Genova, tutto al femminile, quella finita all’attenzione della Suprema corte

Mobbing: datore e capi risarciscono il dipendente se abusano delle funzioni.

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Stop alle vessazioni e alle pesanti pressioni psicologiche subite dal dipendente. Il lavoratore può denunciare il datore di lavoro, il capo, o i colleghi per mobbing se ha subito una serie ripetuta di condotte illecite che hanno leso la sua dignità. L’ordinanza 30583/21, pubblicata il 28 ottobre dalla sezione lavoro della Cassazione, ha stabilito che scatta il danno da mobbing quando il lavoratore è vittima di continue insolenze, comportamenti morbosi e offese gratuite, anche davanti agli altri. E il bello è che a pagarlo, oltre all’azienda, sono condannati anche i dirigenti: il diretto superiore, responsabile della condotta persecutoria, e il coordinatore di zona, che la tollera. Solidale la responsabilità anche se il datore risponde a titolo contrattuale mentre i colleghi a titolo extracontrattuale. Decisiva la Ctu: il medico legale certifica che il trattamento subito dal dipendente è una concausa del danno psichico lamentato. È una storia di mobbing tutto al femminile quella finita all’attenzione della Suprema corte: diventa definitiva la condanna che fissa circa 35 mila euro la somma da pagare alla lavoratrice, finita fra le “grinfie” della sua “capa”, mentre la coordinatrice di area prima non si attiva e quando si decide lo fa in danno della lavoratrice; costretta a subire condotte che, se in astratto rientrano tra le facoltà del datore, in concreto costituiscono un abuso: sono infatti caratterizzate da atteggiamenti sgarbati e indebitamenti plateali, in spregio di una equilibrata utilizzazione del lavoro altrui. Insomma: deve ritenersi raggiunta la prova presuntiva dell’elemento soggettivo del mobbing. Nell’ordinanza, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, gli “ermellini” spiegano che è inutile dolersi che non sarebbe stata valutata la pregressa condizione psichica della malattia: la Ctu medico-legale ha chiarito che il ruolo della condotta illecita è stato «concausale» della malattia. Quanto alla responsabilità solidale, quando un danno di cui si chiede il risarcimento è determinato da più soggetti, ciascuno dei quali con la propria condotta contribuisce alla produzione dell’evento pregiudizievole, si configura una responsabilità solidale ai sensi dell’articolo 1294 Cc fra tutti costoro, qualunque sia il titolo per il quale ciascuno di loro è chiamato a rispondere, dal momento che, sia in tema di responsabilità contrattuale che extracontrattuale, se un unico evento dannoso è ricollegabile eziologicamente a più persone, è sufficiente, ai fini della responsabilità solidale, che tutte le singole azioni o omissioni abbiano concorso in modo efficiente a produrlo, alla luce dei principi che regolano il nesso di causalità ed il concorso di più cause efficienti nella produzione dei danni (patrimoniali e non) da risarcire.

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