Milleproroghe, il governo affonda i giovani avvocati

Nel decreto omnibus, come sempre approvato in tutta fretta, c'è una norma che penalizza l'accesso alla professione forense per chi non può permettersi un'onerosa iscrizione alla cassa previdenziale

toghe appese all'attacapanni

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Oggi è stato approvato dal Senato il cosiddetto decreto Milleproroghe, su cui tanto si è discusso in questi giorni e sul quale è intervenuto lo stesso Presidente della Repubblica, denunciandone numerosi profili di incostituzionalità, anche a causa dei numerosi campi di intervento che intende regolamentare. Un tema oggetto di normazione del provvedimento legislativo citato è rappresentato da una riforma della professione forense, che consiste sostanzialmente nella obbligatorietà dell'iscrizione alla cassa previdenziale per tutti coloro che si iscrivono all'albo degli avvocati.

A questo punto, però, è opportuno precisare preliminarmente che, alla luce delle vigenti disposizioni, l'iscrizione obbligatoria alla Cassa avviene con il raggiungimento di un certo reddito oppure con il compimento del trentacinquesimo anno di età del professionista. Un ulteriore dato, che potrebbe aiutare a riflettere, è rappresentato dal fatto che il detto contributo previdenziale, in poco tempo, è aumentato dagli originari mille e settecento euto circa agli attuali tremila e cinquecento.

Ciò detto, appare del tutto evidente che un professionista neoabilitato ovvero, più semplicemente, un giovane avvocato, per poter affacciarsi alla professione, dovrà sostenere una spesa "al buio" di quattromila euro (cassa Forense ed iscrizione all'albo), mentre un avvocato in pensione potrà continuare ad esercitare senza versare nulla alla cassa forense, percependo un evidente un grande vantaggio economico.

Il risultato di una situazione di questo tipo, quindi, consiste nel fatto che probabilmente un giovane professionista – pur essendo magari meno abbiente ma capace- avrà difficoltà evidenti nell'accedere alla professione. Discorso inverso, invece, si dovrà fare per coloro che, perché più facoltosi e senza alcuna valutazione delle proprie capacità, accederanno dalla porta principale al mondo dell'avvocatura.

Da tutto ciò deriva, inoltre, che la clientela non avrà alcuna beneficio ma, al contrario, sarà la stessa utenza che, pur rivolgendosi al professionista legittimamente abilitato, avrà di fronte solo colui che ha potuto permettersi l'abilitazione: in parole povere una professione il cui accesso è garantito in base al censo e non in virtù delle capacità. Nessuno start up ma, al contrario, o sei in grado di sostenere da subito tutte le spese oppure devi fare altro. E a nulla servono i piccoli finanziamenti messi a disposizione dei giovani, per i quali frequentemente non ci sono certezze circa l'esito e la tempistica dell'erogazione.

Il problema, così come esposto, appare particolarmente grave allo scrivente, atteso che lo stesso ha iniziato la propria attività curando, per i primi due anni, perlopiù piccoli sinistri stradali, alcuni ricorsi in opposizione a sanzione amministrative e, al fine di accaparrare clientela, ha svolto la propria attività del tutto gratuitamente.

Al lettore il compito di individuare le molteplici responsabilità di questa situazione. In Parlamento, infatti, siedono numerosi avvocati che, nonostante il mutare delle legislature, nulla hanno fatto per sostenere la nuova classe forense.
Altro aspetto preoccupante è rappresento dal fatto che molte delle istanze che giungono ai governi promanano direttamente dall'Ordine forense, nel quale sono seduti gli avvocati più anziani, che hanno tutto l'interesse a salvaguardare lo status quo ante ovvero a migliorare la loro posizione di dominio sul mercato.

Alcune colpe, tuttavia, sono certamente da ascriversi agli giovani avvocati che, come il sottoscritto, troppo spesso sono rivolti alla pedissequa ricerca della piccola vicenda da risolvere e non ricordano che la professione che hanno scelto è una missione, che richiede, al pari delle altre, sacrificio ed impegno costante. A questo punto, però, mi chiedo: svegliarsi è troppo tardi? Eccessivo chiedere un'assemblea? Utopistico pensare che anche gli avvocati possano scendere in piazza e non limitarsi a quelle asettiche astensioni, che danneggiano solo noi ed i nostri clienti?

Ho scritto queste righe solo perché credo che in un paese come il nostro, in cui costantemente siamo "gli uni contro gli altri armati", sia necessario ed opportuno sensibilizzare non solo le istituzioni ma anche i cittadini, in quanto ne va della nostra dignità di professionisti e di uomini oltreché del nostro futuro.

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