L’invasione delle lattine.

Con l’afa cresce il consumo e non esiste luogo dove non ci siano contenitori di alluminio delle bevande gettati in terra. Nei luoghi turistici le multinazionali distribuiscono migliaia e migliaia di campioni gratis per incentivarne l’acquisto, ma chi paga i costi dell’inquinamento e lo sperpero della preziosa materia prima? S’introduca un’ecotassa o “tassa della salute” per disincentivarne il consumo e per ridurre i costi sociali per lo smaltimento ed il riciclo

lattine bibite abbandonate

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Milioni di litri di bevande consumate ed altrettanti contenitori abbandonati. Non esiste luogo del territorio nazionale, infatti, dalle città ai parchi e persino alle aree protette ove l’incuria governi sovrana.
Non solo bibite in vetro, sono soprattutto le lattine a farla da padrone nella classifica speciale di un’inciviltà tutta nostrana accresciuta a seguito dell’inevitabile aumento del fabbisogno medio di liquidi dovuto all’afa permanente di quest’estate ed il cui consumo è senza alcun dubbio iperincentivato da campagne promozionali faraoniche - che arrivano alla distribuzione gratuita, utilizzando avvenenti promoter, nei luoghi turistici ed in quelli più frequentati di migliaia e migliaia di campioni - e che in effetti paiono portare gli effetti sperati.
Energy drink e bevande gassate più note sono ormai dei must per giovani e, ai noi, meno giovani.
Ed a nulla valgono le raccomandazioni che provengono da autorevoli fonti mediche sulla necessità di una limitazione del consumo di tali bibite, che in quantità non necessariamente eccessive sono dannose per la salute e, ad osservare le vie cittadine - e come detto, non solo - anche per l’ambiente.
Ed allora, per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” non resta che proseguire con l’invito al Ministero della Salute affinché appronti decisive campagne di disincentivazione al consumo di bibite gassate e zuccherine a partire dall’introduzione della (promessa e mai introdotta) ecotassa o meglio “tassa della salute” che non solo serva a scoraggiarne l’impiego, ma che possa contribuire adeguatamente a ridurre i costi sociali per lo smaltimento ed il riciclo delle milioni di lattine disperse nell’ambiente.
Quasi certamente questo tipo di misura potrebbe persuadere le multinazionali che producono tali bevande a ripensarne il sistema di distribuzione attraverso il ritorno ad uno meno dannoso per l’ambiente, quale quello dei vuoti a rendere.
 

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