L'immigrato ha diritto al "ricongiungimento familiare" anche se non ha presentato l'apposita istanza.

Per la Corte Costituzionale basta il possesso dei requisiti previsti dalla legge e la presenza dei parenti in Italia. Ciò anche se lo straniero è stato condannato.

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Una decisione importante che rende giustizia a migliaia di cittadini immigrati che sono in attesa di un permesso di soggiorno in Italia anche se hanno parenti regolarmente soggiornanti. Ad evidenziarlo Giovanni D’Agata presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti” nel commentare la sentenza della Corte Costituzionale numero 202 del 18 luglio 2013, che ha stabilito il principio secondo cui il ricongiungimento familiare può essere concesso all’immigrato anche se non ha presentato l’apposita istanza e non ha quindi azionato il suo diritto. Con la statuizione della Consulta, per ottenere il ricongiungimento, basterà d’ora innanzi e senza possibili interpretazioni divergenti da parte delle Questure d’Italia, il possesso dei requisiti previsti dalla legge.
Con la sentenza in questione, infatti, i giudici di Palazzo della Consulta hanno dichiarato l’illegittimità parziale dell’art. 5, comma 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286 (Disposizioni sull’ingresso, il soggiorno e l’allontanamento dal territorio dello Stato), nella parte in cui prevede che la valutazione discrezionale in esso stabilita si applichi solo allo straniero che «ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare» o al «familiare ricongiunto», e non anche allo straniero «che abbia legami familiari nel territorio dello Stato».
I giudici costituzionali, hanno ritenuto parzialmente fondato il ricorso presentato dal Tar del Veneto nell&\#39;ambito di un procedimento amministrativo inerente il diniego del rinnovo del permesso di soggiorno di un extracomunitario condannato in via non definitiva per reati in materia di stupefacenti. Lo straniero, aveva evidenziato il tribunale amministrativo nel sollevare la questione, si trovava nelle condizioni «sostanziali» per ottenere sia il ricongiungimento familiare (padre di tre figli minori residenti in Italia, di cui uno di madre italiana e gli altri di una straniera con permesso di lungo soggiorno), sia il permesso CE di lungo soggiorno, ma non ne aveva mai fatto richiesta e per questo non rientrava nelle «eccezioni» previste dal legislatore per i casi di «automatismo ostativo» del rinnovo del permesso di soggiorno.
La Corte Costituzionale, nel dichiarare l’illegittimità parziale della norma, ha sostenuto esplicitamente che «la disposizione impugnata delimita l&\#39;ambito di applicazione della tutela rafforzata, che permette di superare l&\#39;automatismo solo nei confronti dei soggetti che hanno fatto ingresso nel territorio in virtù di un formale provvedimento di ricongiungimento familiare, determinando così una irragionevole disparità di trattamento rispetto a chi, pur versando nelle condizioni sostanziali per ottenerlo, non abbia formulato istanza in tal senso». Una «simile restrizione - si legge in motivazione - viola l&\#39;articolo 3 della Costituzione e reca un irragionevole pregiudizio ai rapporti familiari, che dovrebbero ricevere una protezione privilegiata ai sensi degli articolo 29, 30 e 31 della Costituzione e che la Repubblica è vincolata a sostenere, anche con specifiche agevolazioni e provvidenze, in base alle suddette previsioni costituzionali».
Ed ancora, «la tutela della famiglia e dei minori assicurata dalla Costituzione implica che ogni decisione sul rilascio o sul rinnovo del permesso di soggiorno di chi abbia legami familiari in Italia debba fondarsi su un&\#39;attenta ponderazione della pericolosità concreta e attuale dello straniero condannato, senza che il permesso di soggiorno possa essere negato automaticamente, in forza del solo rilievo della subita condanna per determinati reati».
 

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