Lecce (non) “è il suo mare”: il fallimento dell’amministrazione comunale sul ruolo delle marine

Lecce (non) “è il suo mare”: il fallimento dell’amministrazione comunale sul ruolo delle marine attestato da una nota della Guardia Costiera sugli specchi d’acqua di Frigole e San Cataldo destinabili ad approdo e di fatto inutilizzabili da anni

Lecce (non) “è il suo mare”: il fallimento dell’amministrazione comunale sul ruolo delle marine

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Che la politica si nutra di slogan non è un eufemismo. Che gli slogan non si traducano troppo spesso in fatti concreti e benefici per la collettività è altrettanto notorio. E ciò che accade da decenni alle marine leccesi è proprio l’emblema di quanto difficile sia tradurre le proposte in atti e beni comuni. Perché se “Lecce è il suo mare”, come recitava per l’appunto quella che ormai può essere paragonata ad una reclame, dal lato di coloro che il mare lo vivono per passione o anche per lavoro, nessuno se n’è accorto. Chi vive, infatti, il mare e di mare, ma anche coloro che frequentano i tratti di costa ricadenti nell’ampio feudo del capoluogo, hanno piena cognizione del fatto che sono anni e forse non c’è mai stato, se non nei tempi antichissimi del “molo di Adriano”, un solo approdo sicuro e regolamentato che consenta tutto l’anno anche per imbarcazioni di non grandi dimensioni l’attracco e lo stazionamento. A certificare tale assurda, annosa carenza che dequalifica un intero territorio che per natura geografica, storico-culturale ed economica, dovrebbe essere vocato all’accoglienza è stata anche la Guardia Costiera che con un documento che pubblichiamo in anteprima, nel richiedere il parere di competenza per l’utilizzo degli specchi d’acqua prospicienti i tratti di mare ricadenti proprio nel comprensorio del capoluogo al fine di consentire il “temporaneo ormeggio di n. 3 (tre) risorse offerte, riconducibili esclusivamente nell’alveo del pronto intervento S.A.R. ed impiegabili in caso di contingente emergenza” - ossia, in termini semplici, tre imbarcazioni necessarie per la salvaguardia della vita in mare - ha stabilito che l’attuale situazione “non consente un adeguato dislocamento di risorse di pronto intervento S.A.R. nella disponibilità dell’Autorità Marittima, con conseguente aggravio dei relativi tempi di intervento nella disponibilità dell’Autorità Marittima, con conseguente aggravio dei relativi tempi di intervento.”. Peraltro, assurda appare la circostanza che gli enti competenti, neanche su input delle amministrazioni susseguitesi negli anni, abbia “approntato una opportuna analisi idrografica ufficiale finalizzata alla rilevazione dei dati batimetrici delle aree demaniali marittime d’interesse al fine di garantire una sicura e corretta informazione nautica”. Ciò significa che l’implicito disinteresse politico che ha causato la cronica assenza di adeguati porti e/o darsene, nonostante la messa a disposizione di ben tre natanti della Guardia Costiera in caso di emergenza che riguarda la salvaguardia delle vite in mare, continuerà a comportare pericolosi ritardi che per chi sa che significa “pronto intervento” in mare risultano essere inaccettabili. Per tali ragioni, per Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, è necessaria una presa d’atto da parte del sindaco e di tutta l’amministrazione comunale di Lecce affinché intervenga urgentemente anche su tutti gli enti competenti per interventi indifferibili affinchè concentri ogni risorsa e sforzo disponibile per rendere fruibili gli specchi d’acqua di Frigole e San Cataldo sia per i diportisti e i pescatori leccesi che per consentire il dislocamento delle tre unità necessarie della Guardia Costiera per il soccorso delle vite in mare.

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