La democrazia minacciata dalla speculazione internazionale

  • Categoria: Notizie | Economia
  • Data: 13.08.11
  • Autore: Prof. Antonio MAGGIO
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La speculazione finanziaria internazionale rappresenta, probabilmente, nelle società contemporanee, la maggiore minaccia alla democrazia e alla sovranità dei singoli Stati. Le turbolenze finanziarie, infatti, non producono effetti virtuali ma si riverberano sul sistema dei cambi, gli indici di borsa, i tassi di interesse, la liquidità e l'accesso al credito e si propagano inesorabilmente all'economia reale.
La crisi dell'autunno del '08 ha colpito milioni di piccoli risparmiatori che hanno visto decurtati i valori dei loro risparmi, e tantissimi lavoratori sono stati emarginati, o addirittura espulsi, dal mercato del lavoro in conseguenza del ridimensionamento o della chiusura di numerose imprese.
Non solo, le misure adottate per fronteggiare la crisi, concessioni di aiuti pubblici a banche ed industrie, incremento del ricorso agli ammortizzatori sociali e riduzione delle entrate fiscali, hanno ulteriormente appesantito la già precaria situazione della finanza pubblica. Dal 2007 al 2010 il rapporto debito pubblico/Pil è peggiorato nella gran parte dei Paesi, in Italia è passato dal 104,10 al 116,10, in Germania, dal 65,10 al 78,70, negli Usa dal 63,05 al 91,57, in Giappone dal 167,10 al 193,97 ( Fonte: Fondazione Eni Enrico su dati World Bank e Ameco).
Il dibattito che ne è seguito sulle iniziative da adottare per fronteggiare la crisi e rilanciare la ripresa ha visto la posizione economica neoliberista prevalere su quella neo keynesiana, così il G20 ha deciso per la linea del rigore e le Istituzioni europee hanno fatto proprio il pensiero tedesco che vuole una drastica riduzione del disavanzo pubblico in Eurolandia.
In Italia, il Centrodestra, al Governo dal '08, a colpi di durissime manovre economiche, ha addossato ai ceti medio-bassi il peso del risanamento del debito pubblico senza intaccare i privilegi della "casta", non solo, ha istituito sedi periferiche ministeriali al Nord. Il Governo che aveva promesso di "non mettere le mani nelle nostre tasche", ha finito per " toglierci i pantaloni", bloccando gli stipendi di poliziotti, impiegati e insegnati, ritardando il pensionamento, introducendo i ticket sanitari e l'Irpef sulla prima casa, tagliando i trasferimenti agli Enti locali, contraendo le detrazioni per figli, ed altro. L'obiettivo è chiaro: ridurre stipendi e salari reali per contrarre i consumi e la domanda globale interna e spronare le imprese a incrementare l'export.
E non è detto che i sacrifici per lavoratori e pensionati siano finiti, perché le cause che hanno provocato la crisi del 2008 non sono state rimosse, tant'è che la commissione d'inchiesta sulla crisi finanziaria, nominata dal governo statunitense, ha prodotto non uno ma ben tre diversi rapporti. Sono state individuate una serie di cause: le dimensioni smisurate delle banche; le carenze della regolamentazione e della supervisione; i fallimenti della corporate governante; l'indebitamento eccessivo; la diffusione dei derivati; gli errori delle agenzie di rating, della Federal Reserve Bank e, perfino, dello stesso Governo statunitense. Come dire, la colpa è di tutti quindi di nessuno.
Intanto l'attività speculativa continua indisturbata a produrre effetti perversi e destabilizzanti nei Paesi occidentali, in barba ai Governi nazionali, alle Banche centrali e agli organi di vigilanza.
In Italia l'Antitrust si è limitata a svolgere il compito di difesa dei consumatori e la Consob sembra aggrovigliata, secondo Orazio Carabini, intorno a questioni interne. La riforma societaria del 2003, alla luce degli ultimi avvenimenti, forse, andrebbe rivista, perché ha abrogato i limiti quantitativi nell'emissione di obbligazioni da parte delle società quotate in mercati regolamentari ed ha liberalizzato il contenuto degli strumenti finanziari consentendo alle società di finanziarsi tramite la creazione di nuovi e sofisticati strumenti di raccolta del risparmio.
Analoga incapacità sembra avvolgere le Organizzazioni sovrannazionali, anche se dopo l'ultimo shock, sono state accantonate le divergenze politiche e decise alcune misure. Il Fondo monetario internazionale ha rafforzato i poteri di vigilanza sui mercati del Financial stability board ed è stata potenziata l'indipendenza delle Authority che vigilano sulla stabilità degli intermediari. In Europa è stato istituito il Comitato europeo per il rischio sistemico e tre Authority di vigilanza per banche, assicurazioni e strumenti finanziari.
Negli Usa è stata istituito un nuovo organo di vigilanza a tutela dei consumatori e introdotti standard più rigidi di capitale e liquidità per le banche.
E' ancora prematuro esprimere giudizi sull'efficacia reale di queste riforme, molto dipenderà dalla professionalità e imparzialità dei regolatori. L'aumento della concorrenza e la contrazione del potere delle lobby finanziarie appaiono essere i presupposti fondamentali per ridimensionare i pericoli causati dall'economia di carta.
Andrebbe ridimensionata, inoltre, l'attività delle potenti Agenzie di rating (oggetto di indagine di alcune procure italiane), il cui giudizio, a volte fasullo, può affossare non soltanto società private ma finanche Stati sovrani. Va in tal senso la proposta di affidare alla Bce il giudizio sulla solvibilità degli Stati europei.
Appare sconcertante, infine, il silenzio della politica sui c.d. Paradisi fiscali (e società offshore), zone franche dove un'ingente quantità di capitale che fluttua fuori dai controlli istituzionali, di provenienza ignota, transita liberamente in attesa di aggredire società e Stati sovrani.
E' paradossale! Il futuro degli italiani appare sempre meno legato all'azione delle proprie istituzioni politiche, alle quali rimane soltanto il compito di distribuire i sacrifici ma l'entità degli stessi e i tempi degli interventi sono decisi sempre più dall'avidità degli speculatori internazionali e dalla visione della politica economica della Merkel.
Insomma, per salvare almeno le "mutande" gli italiani devono scrutare, ogni mattino, gli indici finanziari e sperare che in borsa domini il toro.
Tutti i riferimenti bibliografici sono tratti da "Il Sole 24 Ore".
 

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