La Cassazione: se è spilorcio con la moglie il marito commette reato di maltrattamenti

Il «risparmio domestico» imposto dall’uomo come stile di vita diventa un assillo che crea uno stato d’ansia e frustrazione alla moglie, costretta a nascondere la spesa. Razionate acqua e carta igienica

La Cassazione: se è spilorcio con la moglie il marito commette reato di maltrattamenti

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Nessuna pietà per il marito troppo tirchio che non concede quasi una lira alla moglie. A stabilirlo è la Suprema Corte di Cassazione che con un orientamento nuovo, condanna per maltrattamenti il marito ossessionato dal risparmio, al punto da razionare in casa perfino acqua e carta igienica. Ma non è semplice spilorceria: si tratta un vero e proprio stile di vita imposto alla moglie, che diventa a un «assillo» e determina nella parte offesa «uno stato d’ansia e frustrazione». Perché quando la donna trasgredisce le regole, scattano le offese («sprecona!»). E qualche volta gli spintoni e le maniere forti. Una vera e propria condizione di sudditanza, insomma, finita solo con la separazione. E se i coniugi ben possono improntare il ménage al risparmio, il regime deve essere condiviso e mai imposto, soprattutto sulle minime e quotidiane esigenze di vita e di cura della persona. È quanto emerge dalla sentenza 6937/23 pubblicata il 17 febbraio 2023 dalla sesta sezione penale della Cassazione. Diventa definitiva la condanna a un anno e cinque mesi di carcere per l’ex marito (ci sono anche episodi di lesioni). Gli Ermellini, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, forniscono un dato fondamentale: nessun dubbio che il matrimonio impegni le parti in un progetto di vita che riguarda anche le spese. Ma in base all’articolo 143 Cc marito e moglie hanno gli stessi diritti e doveri. L’imputato, invece, è una specie di tiranno: decide sia i negozi dove fare la spesa - solo discount - sia i prodotti, tutti in offerta e non di marca. La moglie si vede costretta a nascondere le buste dai genitori, gettare via gli scontrini e chiedere alle amiche di fingere di averle fatto dei regali. Sono consentiti una sola doccia a settimana, con recupero dell’acqua (anche per lavare il viso), e due soli strappi di carta igienica; una volta la donna è obbligata a riciclare un tovagliolino di carta dall’immondizia. E il bello è che la famiglia non se la passa male: entrambi i coniugi lavorano, la moglie è un medico. Che da donna solare e in salute diventa una persona isolata con momenti d’angoscia e idee di suicidio. Altro che «luoghi comuni» e «condotta priva di pericolosità»: il «risparmio domestico» diventa una vera e propria coartazione, condita da offese e accompagnata da modalità di controllo, tanto pervasive da cagionare nella vittima un disturbo post traumatico da stress. Ed è la vergogna che impedisce all’inizio alla donna di allontanarsi dall’uomo: la separazione arriva a due anni dal matrimonio. E per il marito avaro, oltre alla condanna, ci sono pure delle ingenti spese legali da pagare. Come a dire: oltre al danno, la beffa.

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