Internet negli uffici pubblici. Rischia grosso per peculato d’uso il dipendente pubblico che si collega a siti hot a pagamento dal pc dell’ufficio. E' reato contro l’amministrazione

internet sesso

Dettagli della notizia

Commette reato di peculato d'uso il dipendente dell'ente pubblico che durante l'orario di lavoro si connette ad internet dal pc dell'ufficio a siti hot a pagamento per fini non istituzionali, anche se con danno insignificante e condotta occasionale.
Per la Corte di cassazione che, con la sentenza 23352 del 4 giugno 2014 della sesta sezione penale, ha annullato senza rinvio perché il reato è estinto per prescrizione, il dipendente pubblico rischia il carcere per il reato di peculato d'uso per essersi connesso a siti hot a pagamento. Il caso ha riguardato un collaboratore scolastico che durante le ore di servizio in sostituzione di un collega, si è appropriato dell'energia necessaria per realizzare connessioni internet dal pc della scuola per un totale di 53 accessi a siti a pagamento risultati pornografici per una spesa complessiva di 660 euro. Il fatto configura reato anche se l'uso di internet per fini non istituzionali è occasionale e produce un danno insignificante sul piano patrimoniale. La Corte d'appello di Venezia lo ha condannato a due anni di reclusione e all'interdizione temporanea dai pubblici uffici.
Per gli ermellini sbaglia la difesa ad affermare che non costituirebbe peculato un comportamento occasionale, produttivo di un danno insignificante sul piano patrimoniale, avente a oggetto un quid non riconducibile al concetto di cosa mobile o di energia elettrica, non comprovatamente attinente a un utilizzo della rete internet per fini non istituzionali (argomento connesso alla dedotta inutilizzabilità di tutta la documentazione pertinente alle connessioni instaurate). Per questo, i giudici di Piazza Cavour, sottolinea Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti": è errato non considerare il collaboratore scolastico un incaricato di pubblico servizio. I giudici di Piazza Cavour confermando la sentenza di prime cure ha sottolineato che in relazione all'abuso di linee e apparecchi telefonici, l'art. 314 Cp, e dunque nel "peculato d'uso", la norma incriminatrice correttamente applicabile afferma che "la condotta del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio che utilizzi il telefono d'ufficio per fini personali al di fuori dei casi d'urgenza o di specifiche e legittime autorizzazioni, integra il reato di peculato d'uso se produce un danno apprezzabile al patrimonio della pubblica amministrazione o di terzi, ovvero una lesione concreta alla funzionalità dell'ufficio, mentre deve ritenersi penalmente irrilevante se non presenta conseguenze economicamente e funzionalmente significative".
E ancora, riguardo la qualifica di incaricato di pubblico servizio, nel momento in cui avrebbe abusato del computer e della relativa connessione egli rivestiva il ruolo di "bidello" il quale, "accanto a prestazioni di carattere meramente materiale, che sono la maggioranza, svolge anche mansioni di vigilanza, sorveglianza degli alunni, guardiania e custodia dei locali, che non si esauriscono nell'espletamento di un lavoro meramente manuale, ma che, implicando conoscenza e applicazione delle relative normative scolastiche sia pure a livello esecutivo, presentano aspetti
collaborativi, complementari e integrativi delle funzioni pubbliche devolute ai capi di istituto e agli insegnanti in materia di sicurezza, ordine e disciplina all'interno dell'area scolastica. Nei limiti di queste ultime incombenze, compete ai bidelli la qualifica di incaricati di un pubblico servizio".

Immagini della notizia

internet sesso

internet sesso

Documenti e link

X