Il padre non può disconoscere il figlio nato dall’inseminazione eterologa dopo la fecondazione dell’ovulo.

La revoca del consenso all’impianto dell’embrione è tardiva, né vale il fatto che gli embrioni fossero congelati e preesistenti

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Una retromarcia sulle proprie responsabilità di genitore non è possibile né moralmente, ma neanche giuridicamente. Specie se il marito aveva deciso di comune accordo con la moglie aveva accettato di avviare la procedura all'estero per la procreazione assistita a mezzo d'inseminazione eterologa e dopo aver "fornito" il seme per la fecondazione dell'ovulo, mentre solo poco prima dell'impianto dell'embrione revoca il consenso all'operazione.
Non può chiedere, infatti, il disconoscimento di paternità una volta che l'ovulo è stato fecondato. Lo stabilisce una significativa sentenza, la numero 18435/13 del Tribunale di Roma che Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti" ritiene utile portare a conoscenza per le implicazioni giuridiche, ma anche morali per le responsabilità connesse alla legittima scelta di ricorrere alle pratiche di fecondazione assistita.
Nel caso di specie, il collegio della prima sezione civile ha deciso che il bambino potrà continuare a portare il nome del padre naturale con cui la signora era stata sposata per circa dieci anni.
Peraltro, è probabilmente l'avvicinarsi del giorno dell'impianto degli embrioni che comporta l'incrinarsi del rapporto coniugale. Risulta, infatti, che a novembre la coppia aveva stipulato il contratto con una clinica spagnola mentre circa un mese dopo il marito aveva deciso di fare diefront e proporre domanda di separazione giudiziale. Nonostante ciò la moglie si sottoponeva comunque al trapianto dell'embrione nell'utero.
Infatti, in base alla legge 40/2004 la revoca del consenso all'impianto da parte dell'uomo solo prima dell'impianto è intempestiva: in effetti - sottolineano i giudicanti - anche nella procreazione naturale il padre non potrebbe certo accampare la pretesa di non essere padre perché dopo il rapporto sessuale rompe ogni legame con la madre; né potrebbe costringerla ad abortire.
A nulla rileva il fatto che gli embrioni fossero congelati e preesistenti in ragione dell'applicabilità della norma che consente la revoca del consenso soltanto fino al momento della fecondazione dell'ovulo. Peraltro, la domanda di decadenza della potestà, in base al nuovo testo dell'articolo 38 delle disposizioni d'attuazione del Codice di procedura civile, deve essere proposta nel giudizio di separazione pendente.

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