Discriminata per il velo. Una ragazza, scartata da un posto di lavoro per il fatto di indossare un hijab, ottiene ragione dal Tribunale

velo donna islamica

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La storia arriva da Lodi. Non riuscire a trovare lavoro esclusivamente a causa dello hijab, il velo. Sara Mahmoud spesso ha dovuto sentire frasi sgradevoli quali: “Sei molto carina e se vuoi lavorare qui devi togliere il velo” così la ragazza, italiana e musulmana perché figlia di genitori egiziani ma nata e cresciuta in Italia, dopo l’ennesima mail da parte di una società di ricerca lavoro, che le rifiutava un posto per via dello hijab, offesa, ha così deciso di rivolgersi al tribunale. La Corte d'appello di Milano ha dichiarato illegittimo il comportamento della società di ricerca del personale, che dovrà risarcire la giovane di origine egiziana. Nella sentenza i giudici, hanno dichiarato discriminatorio e quindi illegittimo il comportamento dell'agenzia di ricerca del personale ribaltando la sentenza di primo grado del Tribunale di Lodi, e condannando la società a risarcire la giovane. Per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, non si tratta infatti del primo caso. Anche questi comportamenti hanno carattere discriminatorio quando, come in questo caso, negano il lavoro alla giovane per il velo che indossa. Anche la Corte europea ha sempre sancito che le limitazioni che incidono sulla libertà religiosa possono essere introdotte solo a tutela di diritti personali altrettanto importanti, come la sicurezza o l’incolumità personale non certo per inseguire un presunto gradimento della clientela.

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