Dall'interno dell'acciaieria più grande d'Europa: uno straordinario documento di foto e di filmati che dovrebbe far tacere i corifei che si rallegrano per la Autorizzazione integrata ambientale. All'estero verrebbe negata, ma per costoro è "tutto a posto"

Ilva di Taranto

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Se questa è una fabbrica a cui si può concedere l'Aia, l'Autorizzazione integrata ambientale, giudicatelo da soli. Giudicatelo da queste foto, scattate da alcuni operai all'interno dello stabilimento che è il più grande centro siderurgico d'Europa.
Ne La città delle nuvole, due anni fa, scrivevo che era impensabile che si potesse concedere l'Aia all'Ilva, tanto più dopo che l'Ilva - su precisa richiesta, inoltrata attraverso il ministero dell'Ambiente, da ben ventiquattro associazioni di Taranto - aveva negato di fornire l'elenco analitico delle sostanze inquinanti (benzene, benzoapirene, idrocarburi policiclici aromatici) con la motivazione che si trattasse di "segreto industriale".
Invece, per ottenere l'Aia, è obbligatorio dichiarare quante e quali emissioni cancerogene vengono prodotte. Altrimenti l'Aia non viene rilasciata e la fabbrica deve chiudere. Così è in tutta Europa. Eccetto che in Italia, evidentemente.
Le foto che potete vedere qui sopra (e i filmati che proporremo nei prossimi giorni) non ha voluto pubblicarle nessuno. Nessun giornale, nessuna tv sembrano interessati a questa porcheria: amianto seppellito a quintali, emissioni di qualunque cosa mentre si discetta e si fa confusione, ma per imbrogliare meglio, tra "monitoraggio" e "campionamento in continuo" delle diossine.
Tutto questo è stato già denunciato alla magistratura da chi ha girato i filmati e anche i carabinieri del Noe hanno consegnato una dettagliata relazione ai magistrati. Però nessuno vuol pubblicare nulla. Tutti fanno finta che non ci sia "notizia". E allora questa straordinaria documentazione la pubblichiamo noi, su questo blog che i magistrati Fanizzi e Drago della procura di Bari e i loro degni colleghi dell'Anm, la ditta Palamara & Cascini, presidente e segretario dell'Associazione nazionale magistrati, vorrebbero chiudere. Così, per un giorno, anche noi possiamo sentirci un po' Wikileaks e invitare tutti a riflettere su un tema molto semplice: come si fa a concedere l'Aia a uno stabilimento così senza che nessuno abbia nulla da dire? Anzi, nel giubilo generale del solito coro, formato dal ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, e dalla solita, nota e ipocrita "schola cantorum" che ha preso in giro tutti - elettori, associazioni, lavoratori, ammalati e bambini - e in cui spiccano il presidente della giunta regionale pugliese, Nicola Vendola; il sindaco di Taranto, Ippazio Stefàno (che come sindaco, in materia di salute pubblica ha un grande potere), l'assessore regionale pugliese all'Ambiente, Lorenzo Nicastro (Idv, e pure magistrato), qualche deputato locale pronto a magnificare la concessione dell'Aia (per esempio, quel Ludovico Vico, Pd, che inonda di comunicati via mail le redazioni e le caselle postali personali dei giornalisti), più la quasi totalità dei sindacati vari (che senza l'Ilva non esisterebbero) in nome della "occupazione" (ormai solo del camposanto), più tutti gli altri (quelli del centrodestra, per esempio) che se ne stanno in silenzio per non turbare i Riva e i "giornalisti" loro amici, solerti vettori di una propaganda criminale?
Però l'estate sta esplodendo, il mare è blu (spesso, solo di mercurio), e ai tarantini, agli italiani, di tutto questo sembra fregare molto poco.
Dunque, si conceda pure l'agognata Aia. E si salvi chi può.
Carlo Vulpio




 

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