Cucciolo di Capodoglio spiaggiato sul litorale di San Giovanni Di Sinis in Sardegna

Un richiamo alla tutela del mare

Cucciolo di Capodoglio spiaggiato sul litorale di San Giovanni Di Sinis in Sardegna

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Triste ritrovamento, ieri mattina, 28 febbraio, fatto da alcuni passanti che passeggiavano nella splendida costa del Sinis in Sardegna. Un giovane capodoglio è stato trovato, purtroppo senza vita, spiaggiato. Morto da alcuni giorni, probabilmente a causa dell’impatto con qualche imbarcazione, il cetaceo è stato trascinato dalla marea a riva. La segnalazione della presenza della carcassa, in avanzato stato di decomposizione, è stata raccolta dalla Capitaneria di Porto di Oristano. Il fondale basso, però non ha permesso ai mezzi della Guardia costiera di arrivare sul posto. Dopo le verifiche, sono stati informati la direzione dell’Area Marina protetta e il Comune di Cabras. Spetta, infatti, a quest’ultimo provvedere alla sua rimozione, dopo i necessari accertamenti da parte della Asl. Il direttore dell’Area Marina, ha fatto sapere che non si potrà intervenire finché non miglioreranno le condizioni climatiche. Questo tragico ritrovamento impone un richiamo alla tutela del mare. Il WWF ricorda che la sottopopolazione mediterranea è considerata “Endangered” (a rischio di estinzione) dalla IUCN (Unione Mondiale Conservazione della Natura). Si tratta di una vera e propria emergenza per questi grandi cetacei, minacciati dalle collisioni con le navi, dall’inquinamento acustico (causato dal traffico marittimo e dai micidiali air-guns utilizzati per le esplorazioni geosismiche) dall’invasione della plastica, ma anche dalla diffusione di possibili malattie. Ogni capodoglio che muore in questo modo, soprattutto se si tratta di un individuo così giovane, è una perdita per tutta la ricchezza del Mediterraneo. I capodogli con la loro incredibile mole e i lunghi tempi di riproduzione, sono un valore straordinario del nostro mare che dobbiamo accudire in ogni modo, anche chiedendo eventuali moratorie circa le prospezioni petrolifere e la messa in atto di azioni urgenti di conservazione che mitighino l’impatto del traffico nautico. Proprio in questi giorni, ARPAT, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana, ha pubblicato un articolo relativo ad una ricerca che ha messo in evidenza la presenza di sostanze perfluorurate (PFAS) nei tessuti di diverse specie marine, in particolar modo sui cetacei. Queste sostanze ormai molto diffuse, tendono ad accumularsi negli animali marini, provocando l’indebolimento del loro organismo, rendendoli così più suscettibili a contrarre malattie spesso mortali. È fondamentale porre attenzione a queste problematiche e adottare quanto prima misure per la tutela del mare affinché queste specie possano continuare a vivere in un ambiente sano e protetto.I PFAS comprendono svariate sostanze chimiche e rappresentano una significativa minaccia per gli abitanti del nostro mare. Queste sostanze, utilizzate in una vasta gamma di prodotti industriali e di consumo, possono contaminare gli ecosistemi acquatici e accumularsi in molte specie marine. I PFAS sono noti per la loro persistenza nell’ambiente e la loro capacità di bioaccumularsi lungo la catena alimentare. Ciò significa che anche a bassi livelli di esposizione, possono causare danni alla salute di molte specie già vulnerabili, influenzando la loro riproduzione, il sistema immunitario e la sopravvivenza complessiva. La necessità di proteggere il mare e la sua biodiversità è un argomento di vitale importanza per il nostro futuro ed è anche uno degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.Cetacei, tartarughe e squali sono specie fondamentali per mantenere l’equilibrio dell’ecosistema marino e svolgono un ruolo cruciale nella catena alimentare. Tuttavia, le attività umane come l’inquinamento, la pesca eccessiva e il cambiamento climatico stanno mettendo a rischio la sopravvivenza di molte di queste creature. È fondamentale adottare misure concrete per limitare l’impatto negativo delle nostre azioni sul mare. Ciò include la riduzione dell’inquinamento da plastica e prodotti chimici, l’adozione di pratiche di pesca sostenibili e la creazione di aree marine protette. Solo attraverso una gestione responsabile delle risorse marine possiamo garantire la sopravvivenza di tante specie già a rischio e preservare l’habitat marino per le future generazioni. Alla luce di quanto accaduto, Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, chiede un’indagine approfondita su questi decessi e azioni dirette per realizzare, nel Mediterraneo, misure di conservazione efficaci per far sì che l’area diventi davvero una “casa sicura” per i giganti del mare.

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