Corte di Cassazione Penale, la minaccia di licenziamento è estorsione del datore di lavoro

Corte di Cassazione Penale, la minaccia di licenziamento è estorsione del datore di lavoro

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Rischia una condanna per estorsione il datore che sfrutta i lavoratori sotto la minaccia di licenziarli. Il reato ex articolo 629 Cp si configura quando l’imprenditore ottiene vantaggi patrimoniali modificando in senso peggiorativo l’accordo concluso tra le parti per ottenere risparmi di spese oppure con buste paga “gonfiate” rispetto all’effettiva retribuzione dei dipendenti. Affinché si configuri il delitto contro il patrimonio, tuttavia, è necessario che vi sia la modifica unilaterale di un rapporto in corso, anche in nero: soltanto in tal caso, infatti, la minaccia prospetta un male ingiusto che l’imprenditore avrebbe l’obbligo di impedire e il lavoratore patisce un danno economico. È quanto emerge dalla sentenza 37362/25 depositata il 17 novembre 2025 dalla sesta sezione penale della Cassazione. Diventa definitiva la condanna a tre anni, quattro mesi e quindici giorni inflitta al titolare di un panificio, più 850 euro di multa e il risarcimento alla parte civile. Un dipendente è licenziato perché ha ricevuto un compenso inferiore a quanto pattuito per il lavoro domenicale e si lamenta, mentre una lavoratrice assunta in nero e mai retribuita è estromessa quando chiede il pagamento. Per gli Ermellini, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno ricordato che “Si configura l’estorsione “contrattuale a carico del datore che, approfittando della situazione del mercato del lavoro a lui favorevole, perché l’offerta prevale sulla domanda, costringe i lavoratori ad accettare trattamenti retribuitivi deteriori e non adeguati alle prestazioni eseguite: il tutto sotto la minaccia, anche larvata, di licenziamento. E ciò perché si configura l’ingiusto profitto. Idem vale per la busta paga gonfiata: risulta che il lavoratore guadagni di più di quanto percepisca in realtà, con un danno patrimoniale che comprende gli obblighi verso il fisco. L’estorsione non sussiste quando il datore prospetta prima che inizi il rapporto l’alternativa fra busta paga “gonfiata” e perdita dell’opportunità: l’aspirante non ha diritto a essere assunto a determinate condizioni, visto che non esistono salari minimi. Né c’è il danno economico perché il disoccupato perde la chance ma il suo reddito non si riduce”.

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