Cassazione: proprietari dell’immobili di Taranto risarciti dall’Ilva per il deprezzamento da inquinamento

Cassazione: proprietari dell’immobili di Taranto risarciti dall’Ilva per il deprezzamento da inquinamento

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I proprietari degli immobili di Taranto devono essere risarciti dall’Ilva per il deprezzamento da inquinamento. Lo conferma oggi la terza sezione civile della Cassazione con la sentenza 18810/21. Il danno è quantificato in misura pari al 20 per cento del valore degli immobili: le polveri minerali sparse nell’aria dall’impianto siderurgico comprimono il diritto dominicale dei residenti nel quartiere Tamburi che non possono godere pienamente dei loro locali a causa dell’inquinamento. È quanto emerge dalla.Diventa definitiva la decisione che condanna la spa a pagare il ristoro determinato in via equitativa: le emissioni effettuate per anni dallo stabilimento salentino superavano la normale tollerabilità di cui all’articolo 844 Cc. E che la propagazione delle polveri minerali fosse «continua» e «massiva» lo dimostrano «l’emergenza» e le «sentenze penali» oltre che «l’accurata descrizione dei luoghi». compiuta dalla consulenza tecnica d’ufficio svolta nel giudizio di merito. Senza dimenticare gli stessi provvedimenti legislativi che a partire dal 2013 hanno cercato di tutelare l’ambiente oltre che i livelli occupazionali della fabbrica. Dai procedimenti penali, poi, emergono i disagi provocati dalle polveri che si depositano su strade e abitazioni di Tamburi: è provata per presunzioni, dunque, la lesione al diritto dei proprietari che non possono arieggiare gli appartamenti né uscire sui balconi. È vero, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”: l’articolo 844 Cc impone di sopportare le inevitabili propagazioni legate alle attività produttive, ma soltanto nei limiti della normale tollerabilità; bisogna insomma contemperare le ragioni della proprietà con le esigenze della produzione, che va gestita nell’ambito delle norme generali e speciali che ne disciplinano l’esercizio; fuori da quest’ambito, invece, si determina un’attività illegittima che non può imporre un sacrificio ai proprietari degli immobili: il fatto illecito che genera il danno a terzi fa scattare l’azione generale di risarcimento ex articolo 2043 Cc. La liquidazione equitativa scatta perché è molto difficile quantificare il danno nel suo preciso ammontare. Ed è giustificata dal «grave e persistente fenomeno di spandimento» delle polveri provenienti dai parchi minerali dell’impianto che compromettono in modo significativo le potenzialità d’uso degli appartamenti.

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