Cassazione, espressioni di intolleranza verso gli immigrati? Scatta l’odio razziale

Aumento di pena per chi aggredisce apostrofando la vittima come “negro di m…”

Cassazione, espressioni di intolleranza verso gli immigrati? Scatta l’odio razziale

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Scatta l’aggravante dell’odio razziale per le espressioni di intolleranza verso gli immigrati in Italia, in questo caso, “negro di m……”.In tempi di ddl Zan, arriva la Corte di cassazione von la sentenza n. 30512 del 4 agosto 2021, a rincarare la dose contro le offese agli immigrati. La vicenda riguarda due ragazzi palermitani che avevano inseguito con la macchina due coetanei marocchini, per poi aggredirli e offenderli.Ad avviso degli Ermellini, che hanno confermato e reso definitiva la condanna, la circostanza aggravante prevista dall'art. 604 ter cod. pen. è configurabile non solo quando l'azione, per le sue intrinseche caratteristiche e per il contesto in cui si colloca, risulta intenzionalmente diretta a rendere percepibile all'esterno e a suscitare in altri analogo sentimento di odio e comunque a dar luogo, in futuro o nell'immediato, al concreto pericolo di comportamenti discriminatori, ma anche quando essa si rapporti, nell'accezione corrente, ad un pregiudizio manifesto di inferiorità di una sola razza, non avendo rilievo la mozione soggettiva dell'agente. Nel caso sottoposto all’esame della Cassazione, la Corte d'Appello ha valorizzato le ripetute espressioni negri o neri di merda pronunziate dagli imputati in un contesto di forte aggressività e minacce ed accompagnate da frasi di intolleranza verso la presenza in Italia e nel territorio di riferimento di persone di origine africana (che ci fate qua tornatavene in Africa); inoltre, ha condivisibilmente ritenuto che già l'uso della parola negro che, secondo l'opinione ed il liguaggio comuni ha un significato discriminatorio ed offensivo, come se denotasse di per se una inferiorità razziale e genetica è, pertanto, significativo di un sentimento di avversione ed odio razziale verso la persona alla quale la parola stessa è diretta. Tali espressioni, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” in considerazione del contesto probatorio emerso nel corso del giudizio di merito, sono sicuramente state adoperate dai giovani con la consapevolezza del senso di disprezzo razziale ed etnico ad esse collegato, discendendone, quindi, la configurabilità dell'aggravante.

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