Carenza di personale in UK: le aziende dell'industria alimentare pensano di ricorrere ai detenuti.

Ci sono decine di migliaia d'impieghi vacanti, con problemi nelle forniture già evidenti

Carenza di personale in UK: le aziende dell'industria alimentare pensano di ricorrere ai detenuti.

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Brexit e pandemia hanno fatto scoraggiare centinaia di migliaia di persone a rimanere in UK. Il paese corre ai ripari come l'industria alimentare che è in cerca di detenuti ed ex-detenuti per colmare i vuoti del personale causati dalla Brexit e dalla pandemia. L'associazione di categoria che rappresenta macelli, macellai e trasformatori si è rivolta direttamente al ministero della Giustizia britannico, così da stabilire una procedura che permetta il reclutamento attraverso un programma che consente ai detenuti di svolgere un lavoro retribuito in un giorno di permesso. «Gran parte dell'industria alimentare sta affrontando una crisi di reclutamento» ha dichiarato al quotidiano britannico Guardian Tony Goodger, dell'Associazione dei fornitori indipendenti di carne. «Il consiglio che abbiamo ricevuto dal ministero degli Interni è che la forza lavoro interna del Regno Unito dovrebbe avere la priorità». Ma, aggiunge, il reclutamento «rimane una sfida». Sono state interpellati anche enti di beneficenza per ex militari, ma con lo stesso esito: «I numeri sono bassi». L'industria alimentare «non sta lasciando nulla d'intentato» ma la carenza di personale sta già avendo delle conseguenze: la catena Nando's ha dovuto chiudere un decimo dei suoi ristoranti a causa della carenza di pollo. L'associazione di categoria ha avvertito che un posto di lavoro su sei è attualmente vacante, a causa della Brexit e del ritorno in Europa dei lavoratori del settore. Non è escluso che ci possano essere dei problemi con l'approvvigionamento delle forniture di tacchino per il prossimo Natale. La British Meat Processors Association ha indicato, da parte sua, che ci sono più di 10mila impieghi in attesa di essere assegnati. Fortemente colpita,evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, anche la ristorazione cui mancano ben 70mila unità, di queste 42mila sono chef. Numeri capaci di mettere in crisi un intero settore che solo ora sta beneficiando dal definitivo allentamento delle restrizioni. In particolare, accanto ad una competitiva campagna acquisti delle maestranze richieste, pub e ristoranti stanno adottando una politica di arrotondamento degli stipendi, con una maggiorazione del service charge, che si traduce in un aumento della capacità di guadagno del dipendente su base mensile.Piccole strategie utili a un mondo del lavoro già di per sé molto competitivo, ma che poco o nulla riesce a fare contro la paura dettata dalla Brexit e dal Covid-19. Tranne mettere sul piatto della bilancia quagli incentivi economici che, la paura, la fanno sparire in un batter d’occhio.

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