Cambia tutto, è reato tenere i cibi guasti nel magazzino del locale

Il nuovo orientamento della Corte di Cassazione Penale. Per lo Sportello dei Diritti un passo decisivo per la sicurezza alimentare e le nuove responsabilità del gestore del locale alla luce del regolamento Ce che impone a tutta la filiera di garantire l’igiene con posizione di garanzia degli operatori e affidamento dei consumatori. Accolto il ricorso proposto dal pm contro la decisione del Tribunale di Trieste che aveva assolto l’imputato

Cambia tutto, è reato tenere i cibi guasti nel magazzino del locale

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Compie reato il gestore del locale che tiene cibi guasti in magazzino. E ciò benché nello spazio destinato alla vendita vi sia invece un altro frigorifero con alimenti ben conservati. Pesa il regolamento Ce 852/2004 che prescrive a tutti gli operatori della filiera obblighi tali da garantire i requisiti d’igiene: a carico di tutti i soggetti che intervengono nelle fasi della produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti, infatti, si configura una vera e propria posizione di garanzia cui corrisponde sul versante opposto un affidamento del consumatore sulla sicurezza dei prodotti che gli sono somministrati. È quanto emerge dalla sentenza 22632/25 pubblicata il 20 giugno 2025 dalla terza sezione penale della Cassazione. Accolto il ricorso proposto dal pm contro la decisione del Tribunale di Trieste che aveva assolto l’imputato perché il fatto non sussiste dall’imputazione di cui all’articolo 5 lettere b) e d) della legge 30.04.1962, n. 283. Nel locale kebab gestito dal trentaquattrenne di origine pakistana gli agenti trovano in pieno agosto circa due chili di pomodori marci in un congelatore, nove confezioni di altri generi alimentari e altro cibo sfuso in cattivo (o pessimo) stato di conservazione. Per gli Ermellini, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno ricordato che “La sentenza liberatoria, tuttavia, scatta perché non risulta provata la destinazione alla vendita dei prodotti guasti, che si trovano soltanto in dispensa. Trova ingresso, invece, la censura del pm secondo cui la norma persegue «un autonomo fine di benessere» che consiste nel tutelare l’interesse dell’utente a che il prodotto arrivi al consumo con le cure igieniche imposte dalla sua natura.La contravvenzione contestata all’imputato, invero, è un reato di pericolo presunto: in base al regolamento 852/2004 il bene-fine la tutela della salute pubblica che si ottiene attraverso la protezione del bene-mezzo che è la sicurezza alimentare. E la presenza di alimenti in cattivo stato di conservazione nell’esercizio commerciale, magazzino e dispensa compresi, viola l’affidamento del consumatore, mentre la normativa stabilisce precise regole formali e sostanziali che impongono di distinguere i rifiuti dai prodotti da utilizzare, confinando i primi in un’area destinata a deposito temporaneo a fini di smaltimento o recupero”.

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