Alcoltest illegittimi? Se l’etilometro risulta positivo è l’accusa che deve provare che l’etilometro è revisionato e funziona

Lo “Sportello dei Diritti”: importantissimo cambio di orientamento della Cassazione: assimilabile agli accertamenti con l’autovelox quelli con l’alcoltest. Validi anche in ambito penale i principi della sentenza costituzionale sugli autovelox: è l’accusa che deve provare il superamento del tasso-soglia che costituisce reato

Alcoltest illegittimi? Se l’etilometro risulta positivo è l’accusa che deve provare che l’etilometro è revisionato e funziona

Dettagli della notizia

Tutti gli strumenti di misura e in special modo quelli elettronici possono sbagliare, specialmente se non revisionati e controllati periodicamente. Ma gli errori non possono essere causa di conseguenze anche penalmente rilevanti e che quindi possono riflettersi sulla libertà delle persone. Ciò vale, quindi, pure per quelli che servono ad accertare la guida in stato di ebbrezza. Ovviamente applicando il principio di ragionevolezza, nonché le regole che dovrebbero improntare ogni accertamento amministrativo e giudiziario quando il risultato dell’alcoltest è positivo spetta all’accusa provare che l’etilometro funziona regolarmente, risulta omologato e sottoposto a revisione Lo diciamo noi dello “Sportello dei Diritti”, ma lo afferma anche con un’importante sentenza, la numero 38618/19, resa in data odierna 19 settembre, la quarta sezione penale della Corte di Cassazione. Per i giudici di legittimità, con questo nuovo orientamento, assume sostanziale rilevanza la sentenza della Corte Costituzionale 113/15 che ha disposto l’obbligo di dimostrare il controllo periodico degli strumenti di misurazione della velocità a garanzia della sicurezza stradale. Un obbligo esteso dalla giurisprudenza civile anche all’etilometro, che dunque deve valere anche nel penale, pena una distonia nel sistema. Non vi è dubbio che tocchi al pubblico ministero dover dimostrare i fatti costitutivi del reato, che nel caso di quello ex articolo 186 Cds è il superamento del tasso alcolemico nel sangue del guidatore previsto come soglia di rilevanza penale. Nella fattispecie, è stato accolto il ricorso di un’automobilista condannato in primo e secondo grado. In particolare, viene ritenuto fondato il motivo secondo cui l’etilometro nella specie risulta solo omologato mentre soltanto la revisione periodica prevista dal regolamento di esecuzione Cds garantisce precisione dello strumento e attendibilità del risultato. E invoca l’assimilazione al principio affermato dalla Consulta sugli autovelox. La sentenza costituzionale 113/15 enuncia un canone di razionalità pratica: qualsiasi apparecchio, specie se elettronico, è soggetto a obsolescenza e non sottoporlo a manutenzione appare «intrinsecamente irragionevole» specialmente in un settore di particolare rilevanza sociale come la circolazione stradale. Insomma: non basta la prova dell’omologazione ma bisogna anche dimostrare che l’apparecchio è stato revisionato. Vi è da specificare che l’orientamento sinora applicato dalla giurisprudenza che riteneva sufficiente l’omologazione onerava i presunti trasgressori di dimostrare in sede sia civile sia penale che l’apparecchio di misurazione non funzionava quando risultava positivo alla presenza di alcol; un compito tanto più gravoso se si considera che l’apparecchio è nella disponibilità dell’amministrazione. Ma la sentenza della Consulta ha chiarito definitivamente la necessità dell’obbligo di revisione e taratura periodica. Obbligo che è stato esteso dalla giurisprudenza civile all’etilometro: ma per i giudici di piazza Cavour non c’è ragione di non riconoscerlo anche nel penale. Altrimenti si rischiano effetti paradossali: l’onere della prova del funzionamento dell’etilometro sarebbe a carico dell’amministrazione nel civile e dell’imputato nel penale. E una stessa fattispecie potrebbe costituire soltanto illecito penale e non amministrativo, mentre il primo deve essere solo l’extrema ratio in base al principio di sussidiarietà. All’imputato spetta unicamente la sola prova contraria dopo che l’accusa dimostra le verifiche periodiche compiute sullo strumento. Insomma, per Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, una decisione che in un certo senso rivoluziona la delicata materia degli accertamenti con l’alcoltest e che rende più certi gli obblighi per gli accertatori e le garanzie per migliaia d’indagati e imputati.

Immagini della notizia

Documenti e link

X