Accolta la class action contro il Ministero dell'Interno per il permesso di soggiorno Ce di lungo periodo che ha sostituito la carta di soggiorno e che deve essere rilasciata entro 90 giorni.

Il Tar del Lazio stabilisce che in un anno le strutture del Viminale dovranno organizzarsi per assicurare la chiusura del procedimento nei termini di legge, a parità di risorse nelle questure

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Com’è noto la carta di soggiorno per i cittadini extracomunitari è stata sostituita dal 2007 con il permesso di soggiorno Ce, ossia un titolo che garantisce la permanenza sul territorio dell’Unione Europea per un lungo periodo, per la precisione per soggiorni superiori a cinque anni.
L’apposita istanza dev’essere presentata utilizzando l’apposito kit agli uffici postali oppure presso i comuni che offrono questo servizio o i patronati.
Peraltro, dal 9 dicembre 2010 è stato messo a regime un sistema informatico di gestione delle domande per la partecipazione al test di conoscenza della lingua italiana che dovranno sostenere gli stranieri che intendono richiedere il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
Tale procedura purtroppo, rileva Giovanni D&\#39;Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, è troppo spesso soggetta a lungaggini che comportano gravi e seri problemi per i cittadini immigrati che posseggono i requisiti per ottenere tale titolo di soggiorno.
Ma una importante sentenza del Tar Lazio, la 8154/13, obbligherà gli uffici del ministero dell’Interno a darsi da fare tanto che non potranno impiegare più dei tre mesi previsti dalla legge per chiudere i procedimenti per il rilascio per i familiari del permesso di soggiorno CE di lungo periodo di cui all’articolo 9 del d.lgs. 286/98. È stata, infatti, accolta la class action promossa contro la pubblica amministrazione da Cgil, Inca, Federconsumatori e immigrati, che lamentavano la violazione generalizzata dei termini indicati dal testo unico.
Per i giudici della seconda sezione quater della corte capitolina, il Ministero ha così un anno di tempo per organizzarsi meglio, a parità di risorse, uomini e mezzi, nelle questure.
È purtroppo divenuta circostanza costante che il termine massimo stabilito per la conclusione del procedimento non venga rispettato dalle strutture del Viminale.
Accade, infatti, che nelle more dalla presentazione dell’istanza agli immigrati venga rilasciato dalle questure un altro titolo di soggiorno, a tempo determinato, mentre in altri casi la pratica risulta semplicemente sospesa; altre volte lo straniero è convocato e invitato a sottoscrivere un atto di rinuncia predisposto dalla questura, oppure ancora all’atto della convocazione dello straniero viene ritirata la ricevuta di presentazione della domanda. Vi sono, infine, dei casi in cui agli interessati viene rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari, di durata biennale, senza alcun diniego formale dell’istanza concernente il permesso di soggiorno CE di lungo periodo.
Stanti così le cose, i giudici amministrativi hanno quindi ritenuto ammissibile l’accoglimento della class action. Nessun dubbio che in questo caso sia esperibile il rimedio dell’azione di massa contro il ministero garantita dagli articoli 1 e 3 del D.lgs 198/09: la disciplina dei termini di conclusione del procedimento è integralmente stabilita a livello legislativo e regolamentare e deve dunque ritenersi che la scadenza sia stata predeterminata valutando la sussistenza o meno delle necessarie risorse economiche e strumentali.
 

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