A scuola cresce sempre meno il numero di studenti figli di immigrati.

La conferma che l'Italia è un Paese meno "attrattivo" per gli stranieri

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Il 09 agosto scorso, lo “Sportello dei Diritti” riportava alcuni dati, ripresi poi da numerose agenzie di stampa, che confermavano una percezione comune riguardo ad uno degli effetti tangibili della crisi: la riduzione dei flussi d’ingresso di stranieri in Italia e l’aumento del numero di chi lascia il Nostro Paese nel tentativo di trovare lavoro in altre mete meno colpite dalla crisi o che addirittura chiede di essere rimpatriato nelle nazioni d&\#39;origine.
Un ulteriore conferma di quanto già anticipato, è data dal non irrilevante circostanza che i bambini stranieri che frequentano le scuole italiane, il cui numero cresce in valore assoluto, aumentano sempre meno anno dopo anno.
Basti pensare che nel biennio 2007/2008 erano aumentati di 70mila unità rispetto agli anni precedenti; nel 2008/2009 i nuovi alunni erano stati di 55mila; nel 2009/2010 l’incremento è stato di 45mila studenti in più per un totale di 675mila giovani stranieri che studiano in Italia.
Secondo gli ultimi dati disponibili del Ministero dell&\#39;Istruzione, nell&\#39;anno scolastico 2010/2011 sono in totale 750.000 gli alunni stranieri nelle Nostre scuole; mentre nel 2016/2017, secondo le stime più acclarate arriveranno alla cifra tonda di un milione.
La crescita continua, dunque, ma rallenta progressivamente anno dopo anno raggiungendo una sorta di stabilizzazione.
Per ciò che concerne le diverse nazionalità ai primi posti nelle scuole italiane troviamo ancora i rumeni, seguiti da albanesi, marocchini e cinesi.
È evidente, da questi dati che la causa principale di questa riduzione nella crescita del numero degli iscritti in Italia - nonostante si sia giunti a famiglie che sono dalla seconda generazioni ormai più di 270mila, il 40% del totale, rasentando la quota del 70% nella scuola dell’infanzia e nella primaria o addirittura dalla terza generazione - sia da individuare nella minore attrattività del Belpaese, dove il posto di lavoro, come confermato dai recenti dati Istat sulla disoccupazione, diventa una “chimera” con la conseguente difficoltà per lo straniero di ottenere, da una parte il permesso di soggiorno e dall’altra il meritato e giusto ricongiungimento familiare. Circostanze che unite ad un aumento del numero di famiglie straniere indigenti, comportano un flusso costante di ritorno nei paesi d’origine o l’emigrazione in paesi ove è più semplice trovare un lavoro.
Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” il fatto che ci sia una riduzione nelle iscrizioni di bambini e ragazzi stranieri, non deve fare abbassare la guardia, specie alla scuola pubblica sulla necessità di contemperamento tra esigenze d’integrazione e differenze dettate dalle abitudini, anche religiose di alcune nazionalità o etnie.
Per esempio, il momento del pasto o l&\#39;ora di religione devono continuare ad essere posti sotto l’attenta attenzione dei dirigenti scolastici e dei presidi con particolare cura al mantenimento di menu differenziati per gli alunni di religione musulmana e attività alternative per chi non vuole assistere all&\#39;ora di religione.
 

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