"Una donna contro tutti" Renata Fonte: Stasera su Canale 5

renata fonte

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la storia è quella di Renata Fonte, da cui il titolo dell'episodio "Renata Fonte. Una donna contro tutti".

Le riprese del film, diretto da Fabio Mollo, sono state realizzate a Nardò, il paese d'origine della protagonista. È infatti sullo sfondo della città salentina che si è svolta la lotta di Renata contro la speculazione edilizia, che ancora oggi minaccia col cemento la natura incontaminata di un luogo splendido. Intepretata da Cristiana Capotondi, Renata Fonte nasce il 10 marzo 1951 a Nardò e ben presto decide di entrare in politica, tra le fila del PRI (Partito Repubblicano Italiano), e nel 1982 è la prima donna a venire eletta Assessore alla cultura e alla pubblica istruzione. Assassinata la notte del 31 marzo 1984 a Nardò quando aveva solamente 33 anni, Renata Fonte è l'unica amministratrice donna italiana ad aver pagato con la vita il proprio impegno civile, in particolare il fatto di essersi opposta alla speculazione edilizia nel territorio di Porto Selvaggio.

Il film non si limita a mostrare la determinazione di una politica incorruttibile, ma anche la forza di una moglie e di una madre che ama la propria famiglia: due facce di una stessa vita spesso difficili da conciliare. Così, alla lotta contro la criminalità si aggiungono gli scontri con il marito Attilio (Giorgio Marchesi), che non può più sopportare la totale dedizione di Renata al proprio lavoro, gli attriti con il partito, costretto a scendere a compromessi che una donna come lei non riesce proprio ad accettare. Testarda e pronta a non cedere per alcun motivo, Renata si batte a lungo per difendere l'area di Porto Selvaggio, promuovendo un adeguamento del piano regolatore. Ma a pochi giorni dall'approvazione di quello che potrebbe essere il passaggio decisivo, Renata viene uccisa con dei colpi di pistola da due sicari mentre sta tornando a casa.

 

Le circostanze della morte sono inizialmente incerte e si pensa a un delitto passionale, dal momento che Renata è una donna bella, è giovane e il marito si è trasferito in Belgio dopo aver accettato una proposta di lavoro. Grazie alle indagini di un commissario e alla testimonianza di due donne, dai tre livelli di giudizio sono stati individuati e condannati gli esecutori materiali dell'omicidio, Giuseppe Durante (Giulio Beranek) e Marcello My (Michele Morrone), gli intermediari Mario Cesari e Pantaleo Sequestro, e il mandante di primo livello, Antonio Spagnolo (Marco Leonardi). Collega di partito di Renata e primo dei non eletti alle amministrative, Spagnolo aveva come movente il risentimento nei confronti della donna, ma si tratta di un'ipotesi che non è mai stata confermata. La sentenza di primo grado della Corte d'Assise di Lecce ha infatti dichiarato il coinvolgimento di altri personaggi nella vicenda, i cui interessi sono stati intaccati proprio dall'elezione di Renata. Come nel film La posta in gioco di Sergio Nasca (1988) - tratto dall'omonimo libro di Carlo Bollino (1987) -, si ipotizza che l'attività di difesa del territorio portata avanti da Renata abbia impedito di attuare una serie di speculazioni edilizie nell'area di Porto Selvaggio, bloccando di conseguenza i grossi guadagni che le parti coinvolte avrebbero ottenuto. A oltre trent'anni dalla morte di Renata, rimane ancora sconosciuto il movente dell'omicidio, ma quest'ultima risulta essere l'ipotesi più accreditata.

Tuttavia, il suo sacrificio e la sua fede nella legalità e nella giustizia non sono stati inutili. Nel 2006 è stato istituito il Parco naturale regionale Porto Selvaggio e Palude del Capitano, che nel 2007 è stato inserito dal Fondo per l'Ambiente Italiano (FAI) nell'elenco dei "100 luoghi da salvare". Inoltre, nel 1998 è nata l'associazione "Donne insieme", per promuovere la legalità sul territorio, e in seguito è stata costituita la Rete Nazionale Antiviolenza "Renata Forte", il primo centro antiviolenza riconosciuto dal Ministero dell'Interno in collaborazione con il Ministero delle Pari Opportunità.

Con questa storia di ferrea determinazione si conclude un ciclo di storie importanti, necessarie per la crescita del nostro Paese tra la fine degli anni '70 e gli anni '90. Per questo Taodue ha voluto dar voce a quattro figure emblematiche della lotta contro le mafie e le ingiustizie, raccontando di quattro sacrifici indelebili, simbolo di un'Italia che resiste e non si arrende alla sopraffazione e alla corruzione.
 

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