Il Ministero dell’Istruzione deve risarcire i danni allo studente colpito a sorpresa dal compagno. Per la Cassazione il Miur va condannato in solido con i genitori del minore: anche un evento improvviso come un pugno nel basso ventre determina la responsa

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Anche un evento repentino e improvviso accaduto a scuola come un pugno sferrato da uno studente al basso ventre e che causa danni al malcapitato compagno, può determinare la responsabilità dell’istituto scolastico e quindi del Ministero della Pubblica Istruzione. Perché l’amministrazione scolastica deve sempre predisporre idonee misure di sorveglianza tali da poter evitare anche fatti repentini e improvvisi, perché non è sufficiente la sola dimostrazione di non essere stata in grado di adottare un intervento correttivo o repressivo, ma è necessario anche dimostrare di aver adottato, in via preventiva, tutte le misure disciplinari o organizzative idonee ad evitare il sorgere di una situazione di pericolo favorevole al determinarsi dell’evento dannoso dell’alunno. A stabilire tali principi, che confermano l’orientamento consolidato in materia, è la terza sezione civile della Cassazione con l’ordinanza 27571/17, pubblicata il 21 novembre e che per lo “Sportello dei Diritti” costituisce un ulteriore arresto giurisprudenziale che rafforza gli obblighi in capo agli istituti scolastici e a tutti coloro cui sono affidati gli studenti. La vicenda giudiziale trae origine dalla richiesta di risarcimento danni dei genitori di uno studente che aveva subito la torsione di un testicolo a seguito di un pugno sferrato da un compagno. A chiamare a manleva il Miur nella causa avviata innanzi al Tribunale di L’Aquila erano stati i genitori dell’autore del gesto, che erano stati poi condannati, in solido con lo stesso Miur, dalla Corte d’Appello del capoluogo abruzzese, al risarcimento dei danni subiti dallo studente. Con il proprio ricorso incidentale in Cassazione il Miur ha cercato di declinare la propria responsabilità nonostante l’opinione contraria della Corte territoriale, per la quale, l’amministrazione scolastica non aveva fornito la prova liberatoria richiesta dall’articolo 2048 Cc (quella di «non aver potuto impedire il fatto») dal momento che non aveva allegato e dimostrato in concreto le misure di sorveglianza adottate nei confronti degli alunni. Deducono gli ermellini, sul punto, che “Nel ricorso, d’altra parte, non si deduce affatto che erano state predisposte idonee misure di sorveglianza con particolare riguardo alla condotta degli alunni nei corridoi, e che nonostante la corretta attuazione di tali misure, non era stato possibile impedire il fatto. L’amministrazione controricorrente si limita a sostenere, del tutto apoditticamente, che il colpo al basso ventre era stato inferto da un alunno all’altro «da brevissima distanza, improvvisamente e di sorpresa», e quindi era «per definizione un accadimento repentino ed imprevedibile», non evitabile in alcun modo con adeguate misure di vigilanza”. Ricordano, infine, i giudici di piazza Cavour che per consolidato orientamento di legittimità, «non è sufficiente la sola dimostrazione di non essere stato in grado di spiegare un intervento correttivo o repressivo, dopo l’inizio della serie causale sfociante nella produzione del danno, ma è necessario anche dimostrare di aver adottato, in via preventiva, tutte le misure disciplinari o organizzative idonee ad evitare il sorgere di una situazione di pericolo favorevole al determinarsi di detta serie causale». Insomma, per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, con la decisione in commento vengono da una parte rafforzate le tutele nei casi di danni subiti dagli alunni all’interno dei plessi scolastici e dall’altra s’innalza il livello degli obblighi in capo ai responsabili dell’insegnamento e dell’educazione scolastica degli studenti.

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