L’ INCHIESTA / CHI HA UCCISO PEPPINO BASILE? – 1 / SANGUIGNO, PASSIONALE. SEMPRE IN PRIMA LINEA. SEMPRE A VOCE ALTA. MA SOTTOVOCE AGLI AMICI DICEVA: ‘Prima o poi qualcuno mi ammazzerà‘

Peppino Basile

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“A forza di fare denunce politiche finisce che prima o poi qualcuno mi ammazza”.

Lo diceva sempre, Peppino Basile, il consigliere dell’”Italia dei Valori” di Ugento, ucciso nel suo paese nella notte tra 14 e 15 giugno 2008.

È trascorso ormai tanto tempo, otto anni e mezzo, da quella fatidica notte.

Secondo una prima ipotesi, i sicari lo attesero al rientro a casa attorno all’una di notte e lo assassinarono con venti coltellate: Peppino Basile era rientrato al volante della sua Fiat Panda che aveva parcheggiato nel cortile attiguo all’abitazione nella periferica via Nizza.

Imprenditore sessantunenne, viveva da solo, dopo che si era separato dalla moglie: era molto noto in paese, anche per la sua intensa attività di consigliere comunale di opposizione, e poi pure di consigliere in Provincia, per l’ Italia dei Valori.

Alle ultime elezioni parlamentari era anche stato candidato nella Lista di Pietro per la Camera, ed era arrivato settimo, senza essere eletto a Roma.

I suoi inizi politici però furono nel Movimento Sociale Italiano. Così Roberto Tundo, di Melissano, all’ epoca dirigente nazionale del partito di Giorgio Almirante, li ha raccontati a leccecronaca.it: “Il mio ricordo è relativo agli anni della militanza missina. Quando stare in piazza a ‘difendere’ le proprie idee ci voleva coraggio.

Peppino era sempre in prima linea, un militante che non chinava il capo davanti ai soprusi, ma che reagiva sempre a voce alta. Ecco, a voce alta, lo ricordo cosí Peppino. Nei bar, in piazza, sotto il palco dei comizi ricordo la sua voce che si imponeva (o tentata di imporsi) con “verve” polemica”.

Sanguigno, passionale, un lessico diciamo così ‘colorito’, per usare un eufemismo: il suo amico e collaboratore Giovanni D’ Agata ha raccontato a leccecronaca.it che ogni qualvolta, come spesso accadeva, per una ragione o per l’ altra, Peppino andava a trovarlo a casa sua, la vecchia nonna novantenne si faceva il segno della croce, e si rinchiudeva in camera, per non sentire le parolacce e le imprecazioni tipiche del suo eloquio.

La principale, ma non certo unica, tutt’altro, battaglia politica di Peppino Basil è stata quella sullo smaltimento dei rifiuti pericolosi presso la discarica Burgesi di Ugento: ma la sua attenzione era rivolta, in generale, alle violazioni di leggi ambientali commesse nel Salento. Sia al comune, sia in Provincia faceva parte della commissione ambiente.

Poi l’omicidio.

L’unica certezza resta il fatto che Peppino era stato più volte minacciato (con numerose scritte sui muri come: “Peppino devi morire”), ma quando i suoi vicini di casa furono interrogati, dissero di non sapere nulla, così come fecero tutti gli altri interrogati: amici, parenti, paesani.

Il 15 luglio 2008, esattamente ad un mese dalla sua morte, venne fatta a Ugento una fiaccolata in suo onore, cui presero parte numerosi uomini politici e i cittadini.

C’era persino l’onorevole Antonio Di Pietro, leader dell’ ‘Italia dei valori’ che, nell’ occasione, si espresse in questo modo: “Peppino, vittima del suo impegno. C’è chi non sopportava la sua attività civile. La pista politica non sarà certamente scartata. Nel giro di pochi giorni si potrà sapere chi è il suo assassino: Il delitto ha tutte le caratteristiche per non restare senza colpevole”.

Una certezza che purtroppo, col passare del tempo, si è rivelata un’utopia.

Inizialmente, dopo l’ acquisizione della testimonianza di una bambina di cinque anni, il 25 novembre 2009 ad essere arrestati furono lo stesso Vittorio Colitti e suo nipote Luigi Vittorio Colitti (all’epoca dei fatti minorenne).

I processi, in cui il pm aveva chiesto l’ ergastolo, si conclude con l’ assoluzione piena: il 31 marzo 2015 assolto Vittorio Colitti nonno, dopo che il 28 maggio 2013 era stato assolto Luigi Vittorio Colitti nipote

I due vicini di casa della vittima furono accusati di averla ucciso per, appunto, “conflitti tra vicini” e rimasero in carcere quattordici mesi.

La famiglia Colitti inoltre denunciò il sindaco di Ugento Eugenio Ozza, poiché, secondo loro, avrebbe messo in piedi un grave tentativo di depistaggio nei riguardi della Procura di Lecce, il giorno dopo la sentenza di assoluzione.

Non bisogna dimenticare che lo stesso Peppino aveva invitato, il 23 novembre 2007, tramite una lettera pubblica il sindaco Ozza ad avere un confronto pubblico. Confronto che al contrario del primo cittadino, Peppino non temeva affatto, data l’ammirazione nei suoi confronti degli abitanti. Ecco cosa scrive nella lettera:

“Caro sindaco,

dopo i fatti accaduti nel consiglio comunale del 22 novembre 2007, nel quale per l’ennesima volta non sono stati risparmiati colpi vicendevoli, alla sospensione della seduta e nella riunione dei capigruppo la SV ha sostenuto che se dovesse parlare delle anomalie del mio operato avrebbe da dirne tante.

Ecco perché, per tali motivi, la invito a venire in piazza in un pubblico confronto dove Le concedo la libertà di esprimere e di far conoscere tutte le “malefatte” combinate durante la mia vita, impegnandomi e mettendo per iscritto, sin da ora, a rinunciare a qualsiasi azione penale nei Suoi confronti a seguito di questo eventuale incontro.”

Basile con sarcasmo si rivolge al sindaco chiedendogli un confronto pubblico, in cui possano emergere le cattive azioni da lui (NON) compiute.

“Concesso questo, non potrà negarmi di replicare liberamente ciò che penso e cosa ha combinato Lei nella Sua intera vita,

Su tali principi di un dibattito democratico, diamo la possibilità di conoscere a tutti i nostri concittadini le malefatte e malazioni delle nostre persone.”

Confronto pubblico che essendo basato su un dibattito democratico dà a Peppino il diritto di replica e di mettere a sua volta in evidenza, il modo di agire scorretto del sindaco.

“Di certo, non solo Lei, ma l’intera Comunità sa bene che mi possono essere attribuiti tanti difetti ma non quello della carenza d’integrità morale, non essendomi mai approfittato di niente e di nessuno.

Vedremo se la piazza avrà la stessa considerazione di Lei.

Il giudizio io lo lascio ai nostri concittadini.

Quindi per finire, una buona volta per tutte esprimiamo in pubblico ciò che abbiamo da dirci, facciamolo e facciamolo pubblicamente, questo è il mio invito.

Mi renderebbe lieto e felice se questo potesse avvenire.

Distinti saluti.”

Si chiude così, la lettera ad Eugenio Ozza, in cui il consigliere comunale esprime ancora una volta la volontà di incontrare il sindaco: lo fa a testa alta e senza paura, non temendo la considerazione del popolo, data la sua integrità civile e morale.

Inoltre Antonio Di Pietro inoltre in un’intervista aggiunse: “Peppino Basile era un politico tutto d’un pezzo, che affrontava e ogni giorno a muso duro ciò che non andava bene nella gestione della res publica”.

Eppure dopo otto anni e mezzo, non si riesce a dare un volto, né un nome al suo assassino.

Ad oggi l’ipotesi più plausibile resta quella politico – mafiosa, ma la verità non è ancora stata portata a galla.

Come diceva Peppino del suo Salento, “Qui la mafia non esiste. C’è il sistema”.

Un sistema che, evidentemente, ha coperto, finora, la verità sulla sua tragica morte, e che la magistratura non è riuscita finora a trovare.

Ma un sistema in cui bisogna evidentemente cercarla.

Pochi giorni fa, in un comunicato ufficiale, emanato, a proposito del caso della discarica prepotentemente rimbalzato all’ attenzione generale del Salento per i timori ambientali, “i magistrati della Procura della Repubblica di Lecce” informavano “che hanno potuto riscontrare la correttezza delle procedure applicate e l’infondatezza delle denunce che segnalavano la cattiva esecuzione delle stesse, escludendo con ciò anche ogni ipotizzato collegamento con l’omicidio dell’esponente del partito Idv Giuseppe Basile”.

Manca dunque, ufficialmente, ogni collegamento fra il delitto e la discarica di Burgesi, come, occupandosi della discarica, i magistrati tengono, in più, a precisare.

Ma, stanno davvero così le cose?

E, ancora, e soprattutto: ci sono altre ‘attività‘ del ‘sistema’ cui collegarla?

Abbiamo cercato qualche risposta a queste domande. ______

(1 – continua)

di Roberta Nardone______
 

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