Ritrovati due Van Gogh rubati. Trafugati nel 2002 a Amsterdam, trovati nel napoletano durante un'operazione anti camorra. L'Italia si conferma crocevia dei traffici d'arte

opere trafugate di van gogh e ritrovate a napoli

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"La chiesa riformata di Neunen" e la "Vista dalla spiaggia di Scheveningen", due quadri di Van Gogh dal valore inestimabile, sono stati ritrovati dalla Guardia di Finanza a Napoli, nel corso di un'operazione anti camorra dedita al traffico internazionale di cocaina. I due quadri erano stati rubati insieme ad altri dipinti il 7 dicembre 2002 al Van Gogh Museuum di Amsterdam. I due Van Gogh sono stati ritrovati in un locale di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, nel corso di un'attività investigativa per il contrasto alla camorra che ha portato anche al sequestro di diverse decine di milioni di euro. Le opere rientravano tra le opere d'arte più ricercate al mondo, inserite dall'Fbi tra le 'Top ten art crimes', le due tele di Van Gogh ritrovate nei giorni scorsi nel Napoletano, ma solo oggi - dopo le opportune verifiche sull'autenticità - mostrate alla stampa. «Una, quella della chiesa di Nuenen, ha spiegato a Napoli in conferenza stampa Axel Ruger, direttore del museo Van Gogh di Amsterdam, è unica nel suo genere ed ha un particolare valore simbolico - affettivo perché il pastore di quella chiesa era il papà di Van Gogh. La spiaggia di Scheveningen invece, viene ritratta in un altro dipinto custodito nel museo di New York. Entrambe le tele fanno riferimento ai primi anni di attività dell'artista».Un importante ritrovamento, quindi, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti", che conferma come negli ultimi anni si sta trasformando in modo radicale l'attività criminale in questo specifico settore, distinta principalmente in quattro categorie e cioè ladri, ricettatori, riciclatori e trafficanti, con la formazione di ‘gruppi’ malavitosi, appartenenti a varie organizzazioni complesse ed eterogenee, somiglianti a vere e proprie aziende commerciali, il cui fine ultimo è costituito dal profitto. I malviventi agiscono all’interno del gruppo di cui fanno parte, coadiuvati spesso da ‘tecnici’che concluso il loro ‘lavoro’ si allontanano dal luogo del reato, e realizzano il furto o il trafugamento illecito dei beni culturali su commissione, con una continua opera di spoliazione del patrimonio artistico dal valore universalmente conosciuto, che viene sottratto indebitamente da un ambiente adatto alla sua conservazione, ma soprattutto dalla fruizione dei cittadini e dalla ricerca degli specialisti. L’oggetto rubato subisce spesso un fenomeno di ‘ripulitura’, con piccole modifiche alla struttura o smembramento in più parti, ad opera di restauratori di pochi scrupoli, prima della sua reintroduzione sul mercato illecito internazionale o nazionale, al fine di renderne più difficoltosa l’identificazione. Con false certificazioni di legittimità, smerciano la refurtiva, seguendo l’andamento e le preferenze del mercato di tale settore, ovvero adeguandosi alle richieste del momento. I beni culturali di valore medio-basso sono venduti generalmente in negozi di rigattieri o nei molti mercatini dell’antiquariato, mentre quelli di valore medio-alto sono inviati nei più redditizi mercati internazionali, ove è molto più facile la vendita e più difficile la loro identificazione, oppure proposti al mercato attraverso case d’asta, negozi di antiquari, o fatti acquistare a collezionisti o autorevoli istituzioni museali straniere. Nel caso di esportazione di dipinti di particolare valore, il trafficante ridipinge sopra il supporto originale una raffigurazione moderna, che, una volta raggiunta la destinazione desiderata, sia asportabile con facilità; nel caso degli affreschi, si usa spesso ricoprirli con una patina di gesso per esportarli come pannelli per costruzioni. Questo ritrovamento conferma che l’Italia è spesso luogo di transito a livello internazionale di rotte di destinazione verso l’estero, con articolate catene organizzative e ‘prolifiche’ e modalità che rientrano nel riciclaggio, oppure è scelta come destinazione finale di traffici illeciti di beni culturali.

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