L’infanzia vilipesa e l’Europa

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In giro per il mondo si sentono voci sempre più preoccupanti per i rischi che corre un numero crescente di bambini. La guerra li sta investendo senza riguardo. Sono bambini della guerra quelli imbottiti di esplosivo mandati alla distruzione da terroristi senza scrupoli. Ma lo sono anche quelli che muoiono sotto le bombe o messi sopra i barconi della disperazione e magari ritrovati annegati sulla spiaggia. Grandi foto-notizia, qualche lacrimuccia, forse articoli di penne pregiate; ma niente più.

Lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia proseguono senza sosta. Socialmente un po’ di schifo ancora desta. Eppure gli orchi sono tra noi; invisibili, ma sempre in cerca di quale bambino attaccare. La loro rete è vastissima quanto segreta, malgrado leggi sempre più severe (in Italia e in Europa) trattino i reati con reazioni punitive sempre più severe.

Martedì 23 agosto è stato inferto un duro colpo contro un gruppo di pedofili attivo a livello internazionale su Internet. L’indagine, denominata “Operation Daylight”, è stata svolta a livello europeo e coordinata da Europol, che ha trasmesso informazioni su 611 casi sospetti alle autorità di sicurezza nei rispettivi Stati. Al termine delle indagini, solo in 207 casi sono state aperte inchieste ed arrestate 75 persone. L’operazione ha riguardato tutti gli Stati membri dell’UE ad eccezione di Malta e della Repubblica Ceca, ha spiegato un portavoce. In Italia, sono stati arrestati cinque sospetti sui 16 che erano stati indagati.

La notizia dell’Europol è stata diffusa anche dallo “Sportello dei diritti”, associazione impegnata per i diritti dell’infanzia, che ha auspicato che l’Italia utilizzi con maggiore ampiezza gli strumenti e le reti messi a disposizione da Europol per prevenire e contenere la pedofilia e la pedopornografia infantile. Il vero allarme, prosegue l’Associazione, è legato ai luoghi degli abusi: il 90% avvengono in famiglia, e in gran parte sono commessi da padri e nonni. Il 68% di chi subisce abusi sono femmine. Oltre a questo c’e’ il fenomeno del turismo sessuale nel quale l’Italia è al primo posto con 80.000 viaggi l’anno.

In questo raccapricciante quadro si inserisce l’improvvida decisione presa in Turchia. Finora, il sesso con i bambini sotto i 15 anni di età in quel Paese era punibile dalla legge. Ma la normativa è stata oggetto di revisione nel mese di luglio del 2016 da parte della Corte costituzionale turca, con la motivazione che non c’era nessuna differenza nella legge turca tra diversi gruppi di età per far sesso con i bambini.

Ad esempio, una vittima di 14 anni veniva trattata come un bambino piccolo. Il giudice locale ha ritenuto che i bambini potrebbero capire il significato del sesso e quindi essere d’accordo, ma solo tra i 12 e 15 anni. La Corte costituzionale ha concordato col giudice territoriale con sette voti favorevoli e sei contrari, così riformando il diritto ivi vigente. La protezione dei bambini esclusa dal gennaio 2017.

Come avverte l’ Associazione “Sportello del diritti”, le organizzazioni turche per i diritti dei bambini hanno lanciato l’allarme perché l’abuso sessuale sui bambini sarà punito come un normale abuso su un adulto. I responsabili di atti sessuali potranno invocare il consenso del minore. Tutte le Organizzazioni di tutela dei bambini e le associazioni femminili sono sul piede di guerra contro il cambiamento della legge. Nazan Mak, Il coordinatore delle associazioni femminili di Istanbul, ha detto al quotidiano “Hurriyet Daily News” “che ciò renderà i bambini più vulnerabili contro gli abusi sessuali e lo stupro. Ci saranno molte ragazzine che verranno sposate giovani senza volerlo”.

Così si è espressa anche una delle responsabili delle associazioni di donne turche, temendo che la modifica della normativa in vigore porterà a più matrimoni forzati e abusi: “si faciliterà il rapimento dei bambini e lo stupro, ed i giovani saranno indotti a sposarsi”. La decisione ha provocato sdegno, anche perché non ci si aspettava che fosse la più alta Corte a pronunciarla. Ci si augura un rapido passo indietro da parte del legislatore turco.

Peraltro, della cultura sottostante ai contenuti della decisione della Corte Costituzionale c’erano state avvisaglie, trattandosi di tema profondamente presente nella società turca. Il 9 gennaio 2016 il sito Riscattonazionale.it aveva pubblicato un articolo dal titolo “Choc in Turchia, governo approva la pedofilia: “padre può far sesso con figlia di 9 anni”“. Quel sito riportava l’articolo del quotidiano Il Giornale, dello stesso giorno, dal titolo “Una fatwa scuote la Turchia: così viene incitata la pedofilia“.

Si apprende, così, che la Turchia laica era sotto choc per una fatwa pubblicata dal Consiglio governativo per gli affari religiosi (Diyanet) aveva definito “controverso” il tema dei rapporti fra padre e figlie minori, non escludendo la liceità di rapporti incestuosi tra padre e figlia “a patto che quest’ultima abbia più di nove anni.” La massima autorità religiosa in Turchia, tutelata dalla legge per il suo compito di “illuminare i cittadini in merito all’islam”, aveva così risposto sul proprio sito internet a una domanda di un utente anonimo circa la validità del matrimonio in caso che il marito dovesse provare sentimenti “lussuriosi” verso la propria figlia. All’anonimo internauta era stato risposto che la questione era controversa e che gli studiosi islamici in materia non fornivano una risposta univoca.

La scuola hanafita, citata tra gli altri dal Diyanet, vieterebbe queste manifestazioni d’affetto morboso; ma nella fatwa viene anche specificato che “le figlie in ogni caso devono avere più di nove anni e il contatto non dev’essere così stretto da risvegliare sentimenti peccaminosi nel padre”. Quel parere ha immediatamente scatenato la durissima reazione dell’opinione pubblica e della stampa che hanno accusato il Diyanet di istigare alla pedofilia, di modo che il Consiglio per gli affari religiosi è stato costretto a rimuovere la fatwa dal proprio sito che è stato chiuso “per manutenzione”.

Dal Diyanet si sono difesi spiegando che “tutte le opinioni che mancano di giudizio e morale non possono esserci attribuite“, e anzi hanno attaccato l’autore della domanda, che sarebbe stata posta in modo tendenzioso grazie a “trucchetti” e “giochi di parole”. E se non si può desumere da ciò che il “Governo approva la pedofilia” molti dubbi si possono nutrire, anche per la contiguità tra le forze di governo e sfere religiose da una parte, e magistratura dall’altra, che sempre più pare caratterizzare la vita politica e sociale turca.

In Turchia c’è chi pensa anche di adire la Corte europea dei diritti dell’uomo. Ma c’è anche da temere che, dopo la decisione della Corte turca, le indagini dell’Europol non sortirebbero alcun effetto e la pedopornografia minorile, a dispetto delle Dichiarazioni e delle Convenzioni internazionali, diverrebbe pratica lecita in Turchia, che potrebbe così divenire un centro organizzativo –non punibile- di tale pratica odiosa.

L’inchiesta dell’Europol e i tanti arresti per pedopornografia infantile contrastano in maniera insanabile con la diversa cultura delle sfruttamento sessuale dei bambini in Turchia. Se a ciò si aggiungono l’annuncio del favore governativo per il ripristino della pena di morte e le violazioni delle garanzie in occasione della repressione seguita al tentato colpo di stato, si può legittimamente pensare che gli stati europei dovrebbero pensarci bene prima di consentire l’ingresso della Turchia in Europa.

In Italia tutto ciò non sarebbe possibile. La legislazione ordinaria più recente punisce con estrema severità tutte le forme di sfruttamento sessuale dei minori, da quello diretto a quello realizzato attraverso la pedopornografia infantile. La sua revisione non sarebbe legittima in quanto quelle misure si conformano al solido impianto dei primi quattro articoli della Costituzione, che sono un pilastro fondamentale per la tutela dei bambini.

L’articolo 2 garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, come singolo e nelle formazioni sociali. L’articolo 3 pone il principio di discriminazione positiva, per il quale a differenza di condizione deve corrispondere differenza di trattamento e di tutela. I minori, peraltro, sono anch’essi cittadini, come afferma l’articolo 4 che pone a carico di tutti i cittadini (nessuno escluso, neanche i bambini) il dovere di concorrere, secondo le possibilità di ciascuno, al progresso materiale e spirituale della società.

E la sovranità appartiene al popolo (art.1), compresi i bambini-cittadini. Per queste ragioni il nostro Paese deve vigilare in ogni consesso, compreso quello internazionale, anche ponendo veti contro la distruzione del diritto all’infanzia. E la protezione dei bambini, quale tesoro prezioso, deve essere sempre di più attivata e garantita in ogni livello, anche territoriale, di responsabilità pubblica.

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