La prima vittima del "Jobs Act" dopo il licenziamento da IVECO (Gruppo FCA, già FIAT) denuncia e fa indagare almeno un responsabile del personale. Queste le conseguenze delle (pseudo)“riforme” che esaspereranno i conflitti sui luoghi di lavoro. Lo “Spor

sergio marchionne

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L’avevamo segnalato all’inizio dell’anno come uno dei primi casi emblematici, anzi quasi certamente il primo, di quelli che potranno essere gli effetti del Jobs Act sulle condizioni dei lavoratori.
E avevamo anche constato che un fatto simile non poteva non accadere per primo nell’”FCA Group”, o meglio nella multinazionale con cui ha cambiato “pelle” il gruppo FIAT, dove era stato proprio l’amministratore delegato Sergio Marchionne che sotto il costante ricatto di "lasciare l'Italia" e chiudere i propri stabilimenti, a pretendere riforme nel mercato del lavoro che dovevano tradursi in un ampia riduzione di diritti dei lavoratori e libertà di mandarli a casa, così come ha dato seguito il governo attuale.
E’ il caso dell’ingegnere Giovanni Battista Oberto funzionario con più di trentacinque anni di storia lavorativa in IVECO licenziato "in tronco", che nel bel mezzo della giornata di lavoro a pochi giorni dalle festività di Natale era stato chiamato dal "personale" senza alcuna preventiva comunicazione ed era stato verbalmente invitato a prendere le sue cose, lasciare lo stabilimento - seguito, peraltro, come il più pericoloso degli estranei dai "segugi" della security interna - e messo "in mobilità" senza possibilità di replica, pur avendo lo stesso più volte comunicato di non aver raggiunto i requisiti minimi per il trattamento pensionistico.
Ovviamente il dipendente non si è dato per vinto ed ha deciso di denunciare prontamente i gravissimi fatti accadutigli alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, dove poco dopo si è potuto appurare che risulta indagato almeno un responsabile del personale di CNH – IVECO per gli altrettanto gravi reati di “tentativo di estorsione” e “violenza privata” rispettivamente di cui agli articoli 629, 56 e 610 del codice penale.
Mentre le indagini sono tuttora in corso, evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ed alla luce di tali incredibili e paradigmatici eventi, non possiamo non rilevare che l’esasperazione cui si sta giungendo nei luoghi di lavoro non sia anche frutto di scelte che stanno demolendo diritti conquistati in decenni di lotte dei lavoratori e che ci auguriamo possano trovare la più ferma reazione anche da parte della magistratura che siamo certi perseguirà comportamenti datoriali non solo arroganti ma senz’altro meritevoli di sanzione in sede civile e penale.
 

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