Fondi illeciti, Svizzera e Italia si dividono 12,3 milioni di euro. Si tratta di denaro riconducibile a Vito Ciancimino sequestrato dal Ministero pubblico del Canton Ticino e dal Ministero pubblico della Confederazione

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Svizzera e Italia si sono ripartite, in parti eque, 12,3 milioni di euro di provenienza illecita. Lo rende noto un comunicato dell'Ufficio federale di giustizia (UFG). Il denaro è stato sequestrato dal Ministero pubblico della Confederazione (MPC) e dal Ministero pubblico del Canton Ticino, in esecuzione di tre confische disposte in altrettanti procedimenti dalla magistratura italiana. Nel primo caso si tratta di 3,8 milioni di euro sequestrati dal MPC in una commissione rogatoria italiana. La confisca era stata disposta in Italia al termine di un procedimento penale intentato nei confronti di Massimo Ciancimino e altri per riciclaggio di denaro ed altri reati. È stato accertato che i fondi erano riconducibili al padre dell'imputato, Vito Ciancimino, in precedenza condannato con sentenza definitiva per corruzione e associazione a delinquere di stampo mafioso. Nel 2013 il Tribunale di Palermo chiedeva al MPC di eseguire la decisione di confisca passata in giudicato nel 2011, e nel 2014 il MPC ha ordinato il trasferimento dei fondi all'Italia.Nel secondo caso si tratta di 4,9 milioni di euro sequestrati sempre dal MPC in risposta a una commissione rogatoria del Tribunale di Milano in un procedimento per peculato e riciclaggio.Il terzo caso concerne 3,6 milioni di euro sequestrati dal Ministero pubblico ticinese: la confisca era stata disposta dal Tribunale di Milano al termine di un procedimento per usura, contrabbando e riciclaggio di denaro. In tutti e tre i casi - precisa l'UFG - le confische sono state eseguite dalle autorità italiane in collaborazione con quelle svizzere, per cui è possibile ripartire i fondi secondo la legge sulla ripartizione dei valori patrimoniali confiscati («sharing»). Tra la fine del 2014 e l'inizio di quest'anno l'UFG ha definito gli accordi di ripartizione con il Ministero della Giustizia italiano. Per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, questi soldi sporchi di Cosa nostra dovrebbero essere devoluti dallo Stato italiano come ristoro alle famiglie delle vittime della mafia.

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