Nessun raid antislamico a Lecce. L'associazione per l'integrazione partecipativa "Teranga" e lo Sportello dei Diritti invitano la stampa alla prudenza: le comunità islamiche a Lecce da sempre integrate nel tessuto sociale. Ad enfatizzare episodi senza a

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Uno dei tanti incendi di autovetture a Lecce, questo sì fenomeno preoccupante ed in escalation, rischia di essere dipinto come un vero e proprio attentato antislamico, senza però alcuna verifica circa il benché minimo legame con l'Islam e con la manifestazione religiosa tenutasi nei locali della Masseria Noa lo scorso giovedì 19.
E la comunità senegalese della città di Lecce e dell'hinterland non ci sta proprio a veder accostato anche lontanamente il proprio nome all'ISIS o a qualsiasi estremismo tanto da essere costretta con il presente comunicato congiunto da parte dell'associazione per l'integrazione partecipativa "TERANGA" e dello “Sportello dei Diritti” ad evidenziare alcune precisazioni per ricordare i fecondi legami tra la comunità senegalese e quella leccese e il totale distacco da qualsiasi forma di integralismo.
A parlare è Ablaye Seye, un portavoce dell'associazione senegalese con sede a Lecce da sempre impegnata nell'intercultura e nella cementazione dei legami tra le nostre comunità e che non vuole minimamente credere che un solo salentino si sia spinto a voler manifestare il proprio odio attraverso la combustione di una delle autovetture di un cittadino africano proprio nel mentre la comunità si trovava intenta a pregare.
I leccesi, sottolinea Ablaye Seye, ci hanno fatto sentire sempre a casa nostra, tant'è che molti di noi risiedono qui da decenni ed hanno messo le proprie radici qui, nonostante le difficoltà e la crisi che ci colpisce tutti.
E' chiaro che gli organi inquirenti dovranno far luce per capire chi sia stato a bruciare le due autovetture, una fra l'altro di una ragazza leccese che nulla aveva a che fare con la cerimonia della confraternita dei Murid, che come correttamente riportato dalla stampa, costituisce l'espressione più laica e moderna dell'Islam alla quale aderiscono la gran parte dei senegalesi immigrati in Italia.
Il problema è però il contrario: il voler enfatizzare a tutti i costi qualsiasi episodio, volendo andare a ricercare a tutti i costi legami che certamente si riveleranno inesistenti, può comportare l'accendersi di scintille d'intolleranza e xenofobia che non si sono mai verificate in una terra accogliente e di confine come la penisola Salentina, ed è di questo che noi senegalesi e più in generale musulmani abbiamo paura.
L'invito, concludono Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, e Ablaye Seye, è da una parte alle autorità inquirenti ed alle forze di polizia di fare il massimo, come certamente faranno, per scoprire il più rapidamente possibile il colpevole dell'atto di vandalismo, comunque ignobile, e dall'altra di evitare in futuro di fare semplici accostamenti tra fenomeni ben più gravi che costituiscono problemi di natura globale che sono lontani anni luce dal modo di vivere e di essere delle comunità senegalese ed islamica in generale di Lecce.
 

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