Cassazione e maltrattamenti in famiglia, nuovo orientamento: si all’arresto in flagranza differita grazie al video delle violenze

Pesano anche i messaggi WhatsApp

Cassazione e maltrattamenti in famiglia, nuovo orientamento: si all’arresto in flagranza differita grazie al video delle violenze

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Con il “nuovo” codice rosso per il partner violento scatta l’arresto in flagranza differita per maltrattamenti in famiglia grazie ai soli video con le aggressioni, mostrati alla polizia. E ciò perché il giudice per le indagini preliminari ora può stabilire anche con il filmato se i fatti documentati non sono isolati ma costituiscono l’ultimo anello di una catena di comportamenti violenti o lesivi in altro modo nei confronti della persona offesa. È quanto emerge dalla sentenza 16668/24 pubblicata il 19 aprile 2024 dalla sesta sezione penale della Cassazione. Accolto il ricorso proposto dal procuratore della Repubblica presso il tribunale: la Suprema corte annulla senza rinvio l’ordinanza del gip di mancata convalida dichiarando invece legittimo l’arresto eseguito dalla polizia giudiziaria. E ciò perché la legge del 24.11.2023 n. 168 ha aggiornato la L. 19..07.2019, n. 69 contro la violenza domestica e di genere inserendo nel codice di rito l’articolo 382 bis Cpp: come già accadeva per i disordini degli ultras negli stadi di calcio, l’arresto in flagranza differita del violento a tutela delle vittime può scattare in base alle immagini di video girati da uno smartphone che mostrano episodi di violenza, minaccia o aggressione alla persona i quali integrano i reati di maltrattamenti in famiglia o stalking. Chiave interpretativa o sono connessi alla violazione delle misure come l’allontanamento dalla casa familiare o il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (pesano anche i messaggi WhatsApp). Per questo, spiega ancora il Collegio di legittimità, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, ha ricordato che “Il giudice chiamato a convalidare o no la misura precautelare, dunque, deve valutare l’operato della polizia giudiziaria in base al parametro della ragionevolezza rispetto all’arresto compiuto sulla base del materiale video oltre a dover verificare il termine di quarantotto ore dal fatto. Sbaglia nella specie il gip che sovrappone le proprie valutazioni sui requisiti di gravità rispetto all’adozione della misura cautelare e dunque si pone nella prospettiva sbagliata di non esaminare gli elementi rilevanti ai fini della convalida, compiendo un apprezzamento di merito sui gravi indizi di colpevolezza. Nei tre video “incriminati” la donna vittima della violenza reagisce, ma la conflittualità reciproca non basta a escludere il reato di maltrattamenti”.

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